Siderno zona Pantanizzi – Piano di caratterizzazione ennesima incompiuta?
Il 1 giugno 2017, con decreto n. 544 del dirigente della Regione Calabria Arch. Orsola Reillo, sembrava che le preoccupazioni per l’inquinamento delle falde superficiali della zona Pantanizzi di Siderno volgessero ad una svolta positiva.
Le associazioni Osservatorio Ambientale e Comitato per la Salute dei Cittadini avevano svolto un gran lavoro, per portare all’attenzione degli enti preposti il problema del grave inquinamento verificatosi e che apparentemente non trovava una spiegazione plausibile.
Con fondi propri furono fatte analisi delle acque dei pozzi in vasto raggio del territorio intorno alla fabbrica Sika da cui era partita la segnalazione e persino sul pescato nella zona del pontile.
Seguirono analisi ad opera dell’Arpacal e tutte evidenziarono che sostanze altamente inquinanti e cancerogene si trovavano nel sottosuolo della zona. Il 13 giugno 2017 la Regione trasmetteva al Sindaco ed all’ARPACal il decreto con cui veniva approvato lo studio geologico e finanziato il piano di caratterizzazione per un importo di 174.000 euro. Si era pensato ad una svolta perché questo avrebbe permesso di individuare la fonte dell’inquinamento da Tricloroetilene, Tetracloroetilene, dicloroetilene, bromodiclorometano, dibromoclorometano, cloroformio, manganese e ferro.
Parte la gara per l’espletamento delle indagini e a gennaio 2018 viene aggiudicata.
Comincia una fase in cui si definiscono i contorni dell’operazione e bisogna superare molti equivoci a cominciare dal tipo di trivella da utilizzare, passano alcuni mesi e il lavoro prosegue lentamente fino ad arrivare al campionamento delle acque dai nuovi piezometri e dei terreni, siamo a luglio-agosto 2018. Dopo la richiesta d’incontro con i commissari che reggono il comune finalmente veniamo a saper che l’Arpacal ha trasmesso i risultati il 24 gennaio, ma non li conosciamo perché devono essere vagliati prima di diffonderli.
Sembra una di quelle scene kafkiane che avvolgono in un’atmosfera di velato mistero e di cui non si vede la fine.
Perché? Siamo convinti che con 174.000 euro in sei mesi si potevano effettuare almeno tre campionature a diversa profondità e con diverse modalità. Intanto i cittadini o restano spaventati oppure si rassegnano e continuano ad usare l’acqua dei pozzi per innaffiare gli ortaggi e far bere gli animali quando non la usano anche per consumo umano.
Possibile che le analisi fatte dalle associazioni siano state diffuse dopo 20 giorni e quelle fatte col finanziamento regionale impieghino sei mesi ed ancora sono velate dal segreto?