Questo è il tempo dell’unità nazionale; poi ci sarà il tempo delle responsabilità, delle quali bisognerà rispondere. Perchè questa è una sanità che a stento è riuscita a fronteggiare l’emergenza, ma l’ha fatto e continua a farlo. Sta combattendo una guerra contro un nemico invisibile ma ben presente tra noi, e questa volta la prima linea in questa guerra non è rappresentata da soldati in trincea, ma da una marea bianca, “migliaia di soldati in camice bianco”, così li ha definiti un articolo dell’ Espresso di qualche giorno fa. E all’appello della Protezione civile per una task force di 300 medici e 500 infermieri da arruolare per fronteggiare l’emergenza Coronavirus in tutta Italia, hanno risposto circa 8 mila medici e 10 mila infermieri, tanti in partenza dal sud, un esercito appunto.
Orgoglio italiano, si è detto, professionisti che OGGI tutta Italia applaude e chiama eroi, DOMANI questo Paese ha il dovere morale di non dimenticarli. Quando l’emergenza sarà finita, bisognerà rimettere al centro la riorganizzazione della sanità italiana, a partire dall’assunzione di medici e personale sanitario. Negli ultimi dieci anni si è verificato un taglio ai danni della sanità pari a 37 miliardi, oltre 40 mila operatori non sono stati rimpiazzati.
Secondo Walter Ricciardi, ex presidente dell’Istituto superiore di sanità e membro del comitato esecutivo dell’OMS, consulente del ministro alla Salute, Roberto Speranza, “…serve un intervento straordinario di assunzioni, serve una revisione del sistema complessivo, per dare la possibilità ai giovani medici di specializzarsi, così da ridare una prospettiva di crescita al nostro sistema sanitario nazionale. Bisogna formare 10 mila specializzati in più all’anno e finanziare cinquemila borse di studio, dobbiamo invertire l’esodo di massa dei medici formati in Italia che vanno a lavorare all’estero”. Vorremmo che questo diventasse un impegno per quelli che oggi applaudiamo e chiamiamo eroi.
Poi c’è un altro impegno al quale dovrà rispondere anche la nostra Regione, accanto agli ospedali, che vanno sostenuti con tutte le forze per garantire la funzionalità dei reparti secondo la loro specifica funzione, è necessario un investimento sulla sanità territoriale, che serve ad alleggerire il carico della sanità ospedaliera. Questa pandemia ci ha fatto capire quanto fosse importante un territorio preparato alla gestione di casi che potevano essere risparmiati agli ospedali. Bisogna modificare la nostra prospettiva “ospedalecentrica” della gestione delle problematiche sanitarie, evitando di riportare spesso tutto all’ospedale come riferimento immediato di intervento. Lo scollamento tra ospedale e territorio è un problema tutto italiano, investimenti sui servizi sanitari territoriali equivalgono ad una importante decongestione verso l‘ospedale, anche per la diagnostica spesso legata al ricovero ospedaliero.
Alla riorganizzazione ospedaliera di questi anni, con la riduzione dei posti letto, non è seguito infatti il consequenziale rafforzamento del territorio, con il risultato che le prestazioni che dovevano essere erogate a livello territoriale, ancor più adesso in una condizione di emergenza, ricadono sul livello ospedaliero facendo collassare il sistema.
Manca un investimento verso quella che viene definita sanità “community-centered”. A questo proposito c’è da ricordare come nel nostro territorio stenta a partire il progetto di “Casa della salute” già destinataria di un investimento di 9 milioni di euro, una struttura polivalente e funzionale che sarebbe in grado di erogare materialmente l’insieme delle cure primarie e di garantire la continuità assistenziale con l’ospedale e le attività di prevenzione. Ma serve l’intera revisione della sanità regionale ponendo attenzione anche ai percorsi sociosanitari, questa emergenza ci ha dimostrato che siamo capaci di fare un ottimo lavoro di squadra tra pubblico, privato, privato accreditato e volontariato, un capitale sociale che deve essere investimento per gli anni futuri. Su questo deve andare l’attenzione della politica regionale e dei nostri rappresentanti in Consiglio, che ben conoscono le necessità sanitarie dei territori e ai quali ci affiancheremo.
Alessandra Polimeno
Responsabile prov.le Dip. Sanità- FdI