L’olio, l’acqua, le alici e lo stocco della Piana di Gioia nel video Slow Food della serie “Terra di Mari”
Se ve lo siete perso, è assolutamente da recuperare su YouTube il video di Slow Food Terra di Mari – Piana di Gioia Tauro – Acqua, olio, alici e stocco, il quarto filmato dell’ambizioso progetto ideato al Terra Madre Salone del Gusto e che racconta la diversità gastronomica e allo stesso tempo culturale del territorio. Realizzato da Med Media con il contributo di Slow Food Italia Coop “Raffaele Lombardi Satriani” e Città Metropolitana di Reggio Calabria, il mini – documentario inizia il suo racconto tra gli ulivi di Seminara, che dominano la millenaria vallis salinarum, ossia valle delle saline che rendevano il terreno molto fertile. Ci parla degli ulivi maestosi della Piana, Consuelo Garzo, titolare dell’Azienda Agricola “Dolciterre- Sorelle Garzo”, produttrice di olio da tre generazioni: Il fatto di produrre le olive assieme alle mie sorelle, di stoccare l’olio e imbottigliarlo noi stesse ci ha fatto raggiungere prima dei risultati importanti anche a livello internazionale.
Il segreto è cogliere la modernità anche nei procedimenti antichi e riuscire a portarlo ai tempi moderni. “Pensiamo a quello che facevano le nostre nonne, sostiene Mariagrazia Alvaro di Calabriaittica di Anoia (R.C.): andavano a comprare il pesce nei paesi di mare, lo vendevano nei paesi di montagna e la parte invenduta veniva conservata sotto sale” Gli stessi passaggi, anche se in maniera diversa, vengono effettuati oggi dai suoi operai: “il pesce viene comprato durante la notte, viene finito e lavorato senza stress sulla barca e baiato bene durante il giorno, dopodichè viene messo sotto sale”. Alici, sardine, le alacce di Lampedusa dissalate e aromatizzate con nduia, bergamotto o cipolla rossa di tropea, vengono sfilettate dopo la maturazione di mesi.
Motivo conduttore di tutto il video è sempre Seminara, ricca come già detto di biodiversità culturale, dove, passeggiando tra il borgo dei Pignatari e osservando i manufatti del museo della ceramica, si può collegare la bottiglia alla bottega produttrice solo attraverso il colore. E guarda caso sono spesso il giallo dell’olio e il blu dell’acqua.
La nostra acqua è stata fondamentale per la lavorazione dello stocco. Giunto nelle nostre terre come segno di beneficienza in seguito al disastro del terremoto del 1908, grazie anche alla lavorazione delle acque aspromontane è diventato un prodotto unico. Domenico Paonne, titolare di “Stocco e Baccalà”, azienda di Melicucco (R.C.), lavora il suo stocco proveniente dalla Norvegia cambiando la sua acqua per ben 17 giorni, dopodichè ne viene estratto il filetto che è la sua parte più pregiata. Anche qui c’è un sapore di antichità che si è mantenuto e rimodernato: “Il nonno andava a prendere lo stocco secco a Messina nel periodo di Natale”, come sostiene la nipote Miriam Paonne, responsabile dell’amministrazione dell’attività. Vogliamo che il nostro stocco si identifichi col territorio, affermano i fratelli chef Raso dell’Osteria Altanum, di San Giorgio Morgeto entrata tra le osterie d’Italia 2021, e che dunque va preparato con ingredienti semplici, come ad esempio la struncatura o le olive nere.
Un racconto semplice, che rispecchia la voglia delle nuove generazioni di sfruttare, con l’ingegno degli antichi -per citare un nome: il Marchese Grimaldi, inventore del trappeto alla genovese- le risorse semplici di questa valle dagli ulivi maestosi e dall’acqua buona in cui scorre una storia di valore.
Deborah Serratore