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QUANTO LIBERA È LA REALIZZAZIONE DI SÉ?

Esiste un momento preciso nella vita di ciascuno in cui una sensazione di libertà mista a smarrimento sembra invadere quello spazio sensoriale capace, sino a quel momento, di percepire e processare solo le ordinarie emozioni della propria routine.

Questo momento coincide con il termine del proprio percorso di studi e con l’inizio di un percorso dove non vigono più regole precedentemente imposte da terzi, ma dove l’arbitrio del singolo diventa il vero protagonista; il meccanismo che si innesca ci permette di avvertire quella sensazione di profonda libertà mista però a profondo smarrimento, perché d’ora in avanti le redini del nostro futuro sono saldamente e quasi esclusivamente presenti nelle nostre mani.

Dico “quasi”, poiché l’uomo in quanto essere sociale non riscontra nell’individualità la chiave per il suo successo, bensì la riscontra nella collettività e nel reciproco aiuto, oltre ad essere comunque costantemente influenzato dall’ambiente che lo circonda; basti pensare ai “modelli di ruolo” che abbiamo assimilato nella nostra crescita, in famiglia come a scuola e in base ad un’esperienza più o meno positiva avuta con quest’ultimo, abbiamo istaurato in noi delle credenze che ci portano a vedere di buon grado oppure no, una determinata figura professionale, un determinato modo di essere.

Se ad esempio con i nostri insegnanti non siamo mai riusciti ad instaurare un buon rapporto è probabile che la nostra persona nutra verso quella figura, dei sentimenti contrastanti che difficilmente ci spingeranno ad intraprendere la carriera scolastica; al contrario, aver nutrito dei sentimenti di stima e gratitudine, potrebbe portare più facilmente alla volontà di emulare quanto è stato dato e quindi di percorrere gli stessi o similari passi.

In questa fase del percorso incidono poi anche le credenze che noi stessi abbiamo sviluppato nei nostri confronti: “non sono portata per le materie scientifiche, me lo dicono tutti”. Questo sicuramente costituisce limite, sorto dopo ripetute frasi demotivanti pronunciate da chi ci sta intorno e che in questo caso ci ha fatto credere di non essere in grado di affrontare lo studio di quelle materie, facendoci tergiversare su altre.

Ma allora, in relazione ai condizionamenti dell’ambiente esterno e interno, quanto realmente riusciamo a mettere in campo in maniera incondizionata e libera, il nostro arbitrio?

Ragionando in questi termini, verrebbe di getto da dire poco e nulla, ma proviamo ad andare oltre; proviamo a vederci come il prodotto matematico di tutte le nostre esperienze, che per forza di cose sono costituite da persone diverse dalla nostra; senza queste esperienze, è vero che potremmo esercitare liberamente il nostro arbitrio perché seguiremmo il semplice e incondizionato istinto, ma concretamente non saremmo nulla.

Senza quella parola, anche a volte fuori luogo, pronunciata da chi ci sta vicino o senza quell’idea nata in seguito ad uno “scontro”, noi non saremmo in grado di costruire la nostra identità.

La differenza, a mio avviso, la fa il modo di reagire a questi condizionamenti ambientali e umani; la propria condizione di partenza è mutevole, è perfettibile, così come lo sono i nostri pensieri e il nostro modo di reagire di fronte alle avversità.

Siamo chiamati, in quel preciso momento della nostra vita ad essere finalmente i protagonisti del nostro oggi e del nostro domani, abbiamo tutti gli strumenti per poter agire e concretizzare la versione di noi che più ci rende felice. La difficoltà potrebbe risiedere nel fatto che questa non collima con le aspettative altrui o con le credenze che ci hanno/abbiamo impartito in noi.

In quel momento preciso, che per molti- tra cui me- costituisce il presente, dobbiamo necessariamente trovare la forza di disattendere a tutti i condizionamenti precedentemente esposti, di abbracciare l’incertezza e quel profondo senso di smarrimento e subito dopo realizzare di avere in mano la maggioranza delle redini del proprio vivere e per questo di essere incontestabilmente titolari del diritto di scegliere liberamente la persona che si vuole diventare.

È importante sapere dare ascolto al parere altrui, senza chiudersi in se stessi, ma nella  misura in cui questo ascolto sia da trampolino di lancio per il raggiungimento dei nostri obiettivi e non ci dissuada dalla volontà di provare a raggiungerli.

Auguro a tutti coloro i quali stanno leggendo queste mie parole di seguire i propri sogni, che siano accademici, artistici, sportivi e di farlo sapendo di non essere soli, di poter dire di essere senza rimorsi e profondamente liberi nonostante lo smarrimento che ci circonda.

Mariapia Cicero.

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