ROSSI-CHIODONel trentesimo anniversario della morte di Mario La Cava, si è tenuto ieri sera, presso il Caffè Letterario che porta il suo nome, un incontro che ha posto lo scrittore bovalinese in un confronto con un altro degli autori più conosciuti del meridione, Fortunato Seminara.

Quella di ieri sera è stata l’ultima di tre tappe, tenutesi a Reggio Calabria e Maropati, che ha visto molti ospiti, docenti universitari e ricercatori, in un dibattito culturale sulla carriera, le opere e lo stile dei due autori grazie alla collaborazione tra il Caffè Letterario Mario La Cava e la Fondazione Fortunato Seminara,  con il patrocinio dei comuni di Bovalino e Maropati.

A presiedere la serata bovalinese, accanto a Domenico Calabria e Giulio Ierace, presidenti delle due associazioni culturali, sono stati Carmine Chiodo, docente associato di Letteratura Italiana presso l’Università di Roma Tre e il professor Erik Pesenti Rossi dell’Università francese di Mulhouse, già ospite in passato presso il Caffè Letterario per la sua traduzione dei Caratteri di Mario La Cava.

Quest’ultimo, ha esposto il carteggio tra i due scrittori, anche grazie alle lettere recuperate da Rocco La Cava, figlio di Mario La Cava, che copre un ampio arco di tempo – fermatosi solo nel periodo della Seconda Guerra Mondiale e ripreso al termine di questa – e che ha portato alla luce non solo l’aspetto umano dei due autori, ma anche il mondo culturale vissuto in quegli anni negli ambienti privati. I due si erano infatti conosciuti probabilmente negli anni Trenta e hanno instaurato un rapporto di forte amicizia, nonché di grande stima professionale, come si evince dalle critiche letterarie che La Cava e Seminara si sono scambiati con profondo rispetto e ammirazione reciproca.

Il professore Chiodo ha invece esteso il discorso ad un’analisi critica, sostenendo con fermezza che La Cava e Seminara fanno parte di quell’universo culturale che non si ferma alla provincia o al meridione, ma che si inseriscono di netto nel parallelo storico-letterario dell’Europa tutta. Per capire La Cava e Seminara bisogna individuare quelli che sono i nuclei fondamentali del loro stile, che “è maturato sì nel paese, ma che va oltre il paese”, perché nonostante i due autori abbiano scelto di rimanere nelle rispettive cittadine, sono riusciti ad entrare in sintonia con la letteratura italiana ed europea, in particolare quella russa.

Sia La Cava che Seminara, infatti, conoscevano molto bene gli svolgimenti delle poetiche del Novecento: nonostante le diversità caratteriali e stilistiche, il Romanticismo di Seminara e l’Illuminismo di La Cava, trovano un punto fermo comune nella sensibilità umana.

Uomini, ancor prima che scrittori, fisicamente legati alla loro terra hanno però “abitato un loro stile e una loro poetica”, esaminando, pur con esiti stilistici differenti, la condizione dell’essere umano, la vita quotidiana, gli ultimi, il popolo non per fama ma per fame di conoscenza. La loro poetica lirico esistenziale li allontana completamente da tutti gli stereotipi regionali e provinciali, e li avvicina al vortice delle grandi menti del Novecento che hanno fatto la storia della letteratura italiana.

Cristina Caminiti