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Nel 2025, sembra incredibile che le donne debbano ancora combattere per ottenere la stessa retribuzione e le stesse opportunità nel mondo del lavoro. Eppure, è proprio così. La parità di genere è ancora lontana dall’essere una realtà concreta per milioni di donne in tutto il mondo. Nonostante i progressi degli ultimi decenni, l’uguaglianza salariale e l’accesso alle stesse opportunità di carriera rimangono obiettivi non ancora raggiunti. Ma la domanda sorge spontanea: come è possibile che nel 2025, con tutte le battaglie portate avanti, le donne siano ancora penalizzate in termini di salario, carriera e accesso ai ruoli di leadership?

 

Nonostante le promesse e le politiche di parità salariale, le statistiche continuano a raccontare una storia che fa fatica a cambiare. Le donne guadagnano ancora in media circa il 20% in meno rispetto agli uomini per lo stesso lavoro. Ma la situazione è ancora più critica per le donne che vivono la condizione di discriminazione intersezionale.

Non si tratta solo di una differenza di salario. La disparità salariale implica una serie di svantaggi che vanno ben oltre la busta paga: meno risparmi, pensioni più basse, meno opportunità di carriera, e il rischio concreto di una povertà femminile che è destinata a crescere con l’età.

Perché accade tutto ciò? La spiegazione è complessa, ma uno dei motivi principali è che le donne, pur essendo presenti in quasi tutti i settori, sono ancora concentrate nelle professioni meno remunerate, come l’assistenza, l’educazione e la sanità, che, nonostante siano essenziali per la società, sono storicamente sottovalutate. Inoltre, la maternità e il lavoro domestico continuano a essere considerati “compiti secondari”, a volte non riconosciuti nemmeno come lavoro, ma piuttosto come una scelta privata delle donne.

 

Il famoso “tetto di cristallo” è un altro ostacolo che molte donne si trovano a dover affrontare nella loro carriera. Si parla di quella barriera invisibile che impedisce alle donne di accedere ai ruoli di leadership e ai posti di potere, anche quando hanno le stesse qualifiche degli uomini.
Le statistiche parlano chiaro: le donne sono sottorappresentate nei consigli di amministrazione, nei ruoli di direzione e nelle posizioni di prestigio. Secondo uno studio del World Economic Forum, le donne occupano solo il 27% dei posti dirigenziali a livello globale, e in Italia la situazione non è molto migliore. Nonostante le leggi sulla parità di genere e le politiche di inclusione, il divario di leadership persiste, alimentato da stereotipi di genere radicati e dalla convinzione che le donne non siano in grado di gestire ruoli di potere come gli uomini.

La verità è che le donne sono più preparate, più competenti e più capaci di quanto non venga loro riconosciuto. Ma spesso, quando una donna raggiunge una posizione di leadership, viene costantemente messa alla prova, messa in discussione o, peggio, accusata di non essere abbastanza “forte” o “assertiva”. Questi pregiudizi, anche se sottili, rendono difficile per le donne raggiungere il livello che meritano.

La lotta per la parità di genere non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche di efficienza economica. Numerosi studi hanno dimostrato che le aziende che promuovono la parità di genere e l’inclusività sono più produttive e più redditizie. Quindi, perché continuare a ignorare il potenziale delle donne nel mondo del lavoro?

Negli ultimi anni, tuttavia, qualcosa sta cambiando. Le nuove generazioni, millennials e Gen Z, sono molto più consapevoli dei diritti delle donne e stanno portando avanti una rivoluzione silenziosa che coinvolge anche il mondo del lavoro. Le giovani donne, infatti, sono sempre più orientate a cercare lavori che garantiscano loro equità salariale e opportunità di crescita, rifiutando il compromesso di accettare condizioni di lavoro ingiuste o diseguaglianze evidenti.
Le aziende stanno iniziando a rispondere a questa pressione, anche se non tutte nel modo giusto. In molti casi, la sostenibilità sociale viene messa al centro delle politiche aziendali, ma c’è ancora tanto da fare per garantire che queste politiche diventino realmente operative. Le donne, infatti, continuano a essere più vulnerabili in tempi di crisi economiche e pandemie, eppure sono anche le prime a rialzarsi, a innovare e a reinventarsi nel mondo del lavoro.

Come possiamo colmare questa disparità di genere e garantire che le donne abbiano davvero accesso alle stesse opportunità nel mondo del lavoro? La risposta sta in una serie di azioni concrete, tra cui:

1. Riforma delle politiche salariali: Le aziende devono adottare politiche trasparenti e chiare in merito alla parità salariale. Non basta più semplicemente dichiarare di essere favorevoli all’uguaglianza, bisogna dimostrarlo con i fatti.

2. Promozione di una leadership femminile: Occorre creare spazi per le donne nei ruoli di leadership, non solo come quota di diversità, ma per il valore che possono portare all’interno delle organizzazioni. Questo significa investire in formazione, mentoring e visibilità.
3. Cultura aziendale inclusiva: Le aziende devono lavorare per creare ambienti di lavoro che non solo accettano le donne, ma le valorizzano, dando loro la stessa voce e le stesse opportunità di crescita.

4. Supporto alla maternità e alla conciliazione: Le politiche di maternità e di conciliazione vita-lavoro devono essere potenziate. Le donne non devono sentirsi obbligate a scegliere tra famiglia e carriera.

5. Educazione e sensibilizzazione: Infine, è fondamentale lavorare sulla cultura sociale, educare le nuove generazioni a superare gli stereotipi di genere e a promuovere la parità in ogni contesto, a partire dalle scuole.

Soffermandoci a pensare alle condizioni difficili ma valutando anche i traguardi raggiunti possiamo considerare che, nonostante le difficoltà, la cultura patriarcale ancora radicata, la bassa intraprendenza delle istituzioni per risolvere il divario,  l’uguaglianza sia possibile. Non è più una questione di “se”, ma di “quando”.