leone da tastiera

Sono i nuovi ribelli da tastiera, o forse sempre gli stessi bruchi che, finito di lamentarsi del Covid-19, Green Pass e vaccini, hanno trovato un nuovo scopo da sbandierare al mondo del web: negare il patriarcato e in alcuni casi anche i femminicidi. Sarebbe troppo semplice etichettare però questi negazionisti del patriarcato come  “no-vax mutanti”: poi è arrivato il “rumore” dell’omicidio di Giulia Cecchettin per mano dell’ex fidanzato che non accettava di non averla più sotto il suo controllo, uccisa in quanto donna che ha preso una decisione, perché aveva detto basta, perché si stava per laureare, perché aveva trovato un suo panorama di vita, e in quella prospettiva Filippo non c’era.

“Filippo non è malato ma un figlio sano del patriarcato”, ha dichiarato Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, in parole lapidarie quanto “fastidiose” agli eroi da tastiera detentori della verità, che le hanno dichiarato guerra giurata da quando ha osato pronunciare la parola “mea culpa” che secondo Elena dovrebbero fare tutti gli uomini, “anche chi non ha fatto niente, anche chi non ha mai torto un capello; io sono sicura che nella vostra vita c’è stato almeno un episodio in cui abbiate mancato di rispetto a una donna in quanto donna; fatevi un esame di coscienza e realizzate questa cosa; non si rendono conto del privilegio che hanno in questa società”.

Frasi inaccettabili per uomini ma tristemente anche per molte donne, come dimostrano alcune frasi che abbiamo estrapolato dai canali social e rivolte ad Elena: “Ma perché uno dovrebbe prendersi anche colpe che non ha? Ma state bene? Anche basta con questo femminismo inutile” scrive @iri_xxt98 (una ragazza) sotto un post di Fanpage.it; sempre sulla stessa pagina il commento di un’altra donna, @dxxis_pelis è più esplicito: “Smettila di chiacchierare e di politicizzare l’omicidio di tua sorella!! Rispetta la sua morte con il silenzio e la preghiera”. Per @francescoxxxno è ora di dire “basta con questo nazifemminismo”; e ancora @xxxxor_arxxeni: “imparate a scegliere gli uomini giusti e poi ne riparliamo”.

Gravissimi, poi, gli insulti al profilo privato di Elena, e certe insinuazioni da bar di guru dell’educazione familiare, determinando il grado di preoccupazione dei familiari di Giulia in base alla quantità di gel per capelli di suo padre, o come afferma una certa Xxxxta Di Vita su Facebook, in base ai centimetri della “minigonna giropassera” indossata dalla sorella mentre Giulia non si trovava.

Questo tipo di negazionismo però sembra diverso dagli altri e per certi versi più pericoloso, perché va a esporre il nervo scoperto di uomini che dicono di sé stessi: “Sono una brava persona”, non avendo l’umiltà di guardare i propri limiti, e per estensione quelli di un rapporto di coppia.

Secondo i no-patriarchy, l’atto di chiedere scusa alle donne è il tentativo di chissà quale lobby per diffondere il pensiero unico. Citano i dati: l’Italia sarebbe agli ultimi posti nella classifica dei femminicidi, con un calo negli ultimi 20 anni dell’80% di omicidi totali (e di conseguenza anche di femminicidi). La politica rafforza le loro tesi con teorie interessanti (e in rima):“Ma quale patriarcato, questo è il vostro uomo rieducato”, ha insinuato il consigliere  di Fratelli D’Italia del Comune di Brindisi, dando la colpa della degenerazione del bravo ragazzo Turetta in omicida, alla mentalità femminilizzatrice che avrebbe  gli uomini “gelosi, insicuri, incapaci di affrontare i problemi […] in una parola DEBOLI.  Anche per Stefano Bandecchi, sindaco di Terni, gli uomini sono diventati donne, solo perché più “fedeli” alla propria fidanzata, e il tradimento è necessario, altrimenti può scattare l’omicidio, stupito anche da come uno dei suoi figli non fosse interessato a guardare il c*lo a una bella ragazza se impegnato.  Da tesi alla “Ciao Darwin” alle teorie darwiniane del consigliere bolognese di Forza Italia Nicola Stanzani, i femminicidi si verificano “perché in fondo siamo animali e rispondiamo ad istinti diversificati tra maschi e femmine”.

Sul web circola un articolo del “Il Giornale di Udine” nel 2021 al netto di 303 omicidi totali, il 61% sarebbe stato a danno di uomini e “solo” il 39% avrebbe avuto vittime donne. Nell’articolo poi un riferimento a un femminicidio molto tra virgolette, quello di una bimba fatta morire di stenti dalla madre e inserita nella lista femminicidi 2023 (peccato che la tragedia della piccola Diana Pifferi sia avvenuta nell’estate 2022), ma un po’ di confusione ci sta. L’acume però viene raggiunto nella constatazione di quante siano le donne che trattano male gli uomini, numerosissime, secondo la scrittrice Suzanne K. Steinmetz, curatrice dell’Encyclopedia of Domestic Violence alla voce Mariti picchiati, dove è riportato che gli uomini vittime di violenza sono il 39% contro il 26%. Insomma, stando alla testata “L’intera narrazione femminista sulla “violenza contro le donne” appare una costruzione ideologica fondata su di un misto di manipolazione dei dati e retorica”.

Questi dati non sono manipolati. Semplicemente non sono precisi, poiché il Codice Penale non prevede il reato specifico di femminicidio e quindi il Servizio analisi criminale del dipartimento della pubblica sicurezza ogni sette giorni fornisce semplicemente i dati sugli omicidi volontari avvenuti in Italia. Ad oggi sono 108 le donne uccise, ma vengono segnati anche 89 vittime in ambito affettivo – familiare. Questi numeri però non sono utili a fornire altre informazioni per identificare un femminicidio, come influenze esterne, motivazioni di genere: l’Istat pertanto attende una legge che possa migliorare l’indagine statistica. Inoltre anche il confronto con gli altri Paesi è impossibile: a parte la Spagna, dotata di tutti gli elementi volti a descrivere statisticamente un femminicidio,  molti paesi presentano report lacunosi: addirittura sette paesi dell’Unione Europea come Estonia, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Belgio, Irlanda e Danimarca non presentano alcun dato recente. Ancora più grave è il fatto che, dopo l’approvazione della Convenzione di Istanbul, che vuole prevenire le forme della violenza di genere, questo testo abbia incontrato ostacoli nel riconoscimento del femminicidio come reato, anche in paesi progressisti come la Francia, i Paesi Bassi e la Germania!  Altri paesi contrari: Slovacchia, Estonia, Malta, Slovenia, Bulgaria e Ungheria e l’ex governo polacco. In particolare questi ultimi due negano la violenza di genere contro le donne.

A questo punto, se ci sono così tante opposizioni a livello europeo, come può esistere una lobby del femminismo? Non sembra stia riscuotendo tutto questo successo. E se i dati Istat sono così imprecisi, come si possono sbandierare con certezza altri dati imprecisi anch’essi?

Ma veniamo al patriarcato che “non esiste”. Com’è possibile che all’alba dell’omicidio Cecchettin in un paese dove il patriarcato, cioè il dominio maschile sul femminile non esiste in tutti gli ambiti (è una sciocchezza un Gender Pay Gap di quasi 8mila euro nel privato tra uomini e donne) siano raddoppiate le telefonate al numero antiviolenza 1522? Da 200 (mica poche) quotidiane a 400, 450 o 500 al giorno, di ragazze e di madri preoccupate per le figlie.

E se il patriarcato non esiste, perché questa rabbia da parte di centinaia di migliaia di donne (500mila solo a Roma) con chi ce l’hanno? Non sta bene prendersela con i deboli.

E doveva essere solo un uomo femminilizzato dai tempi quello che ha aggredito la moglie, miracolosamente salva, che aveva solo difeso il nome di Giulia Cecchettin, conficcandole un coltello nell’addome a Portogruaro (Ve).

Quasi come se questo nome, più degli altri dei dati “fasulli” dell’Istat, facesse più paura. Perché forse fa paura perdere un terreno di dominio, la propria virilità e supremazia. E nasce un baccano grottesco. Che non coprirà il rumore del cambiamento.

 

Deborah Serratore

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