fermo di penna

 

 

 

 

 

 

 

Rossella Scherl firma lo spazio dedicato alla narrativa con un nuovo racconto.

INCONTRO
di
Rossella Scherl

La prima volta che li ho visti arrivare, sarei scappata a gambe levate. Se ne avessi avuto la forza. Gli altri volontari erano già al molo ed io, impietrita, non riuscivo a colmare, a passi, gli ultimi metri.
Erano ancora una sagoma indistinta. Profilo di nuvole sullo sfondo del mare, del muro foraneo, della cabina dell’imbarcazione della Guardia Costiera. Nuvole frastagliate, saliscendi di teste e spalle. Poi, sono arrivati gli occhi. Grandi, sgranati. Sembrava che i visi non avessero che occhi.
Nessuno s’era accorto che ero rimasta indietro. Non portavo attrezzature se non le mie mani che, in quel momento, non servivano a granché.
Iniziano le operazioni di sbarco, ho ancora i piedi infitti nell’asfalto e nessuno se ne accorge. Vedo avanzare la prima creatura che ha toccato terra. È un uomo. Gli hanno messo una coperta sulle spalle e un volontario l’accompagna tenendolo dal braccio. È curvo, non capisco se per stanchezza o per età. O per entrambe. I nostri occhi s’incrociano. Ha lo sguardo spaurito di un bambino che ha perso la strada. Non so chi di noi due sia più spaventato. Accenna un sorriso. Di labbra. Provo a ricambiarlo con uno di occhi. E i piedi mi si schiodano: “Lascia, lo accompagno io”.
Gli poggio una mano sulla spalla come si fa con un vecchio amico incontrato dopo tanti anni, e andiamo insieme. Il calore dei nostri corpi si scambia per contatto. Vorrei regalargli una parola, ma non so, e continuo a stare zitta. Il mio abbraccio, però, si fa più deciso e sento il suo passo più sicuro. Lo è anche il mio. Arriviamo al pullman che lo porterà al centro di accoglienza. Da uno, ridiventiamo due. Siamo difronte, ci guardiamo negli occhi. Poggia a terra il sacco che stringe con una mano, gli serve libera. La congiunge all’altra e china il capo. Un saluto-grazie. Lo imito e vorrei che restasse con me per sempre. La memoria può fare brutti scherzi. O forse no. I momenti che contano brillano di luce propria.
Non conosco il suo nome. Da dove viene? Dove vorrebbe andare? È un essere umano, basta questo.
Ne arrivano altri. In processione. Lui è salito sul pullman. Si è seduto di fianco al finestrino. Non mi guarda più. È durato solo il tempo di pochi metri e un saluto-grazie. È già lontano. Altri luoghi, altri confini. Terre lasciate alle spalle.

ross1