fermo di pennaFORSE

di

Rossella Scherl

 

 

C’era fumo tra gli alberi che circondavano la valle. Dalle alture, restammo tutti a guardare, aspettando che arrivasse la pioggia. Ma la pioggia non arrivò e tutto fu distrutto.

        Gli abitanti del fondovalle, scampati al disastro, lasciarono nidi, tane, case di legno col tetto spiovente e lenti, a passo costante, iniziarono a salire verso i monti, dove tutti eravamo ancora fermi a guardare. Poi qualcuno, forse un vecchio esperto delle cose del mondo gridò: “Stanno arrivando. Ritirata”. I più rapidi tornarono verso le proprie case trascinandosi dietro ciò che potevano e si chiusero dentro, sprangando le porte. I più lenti nel cadenzare il passo trovarono il tempo di voltarsi e guardare l’onda senza schiuma che continuava ad avanzare, silenziosa, a mani vuote e con

l’accenno  di un sorriso. Solo un bambino, in braccio ad una giovane donna coperta di fuliggine più degli altri, piangeva strofinandosi gli occhi e ripeteva un nome. Di cane, forse.

        L’onda arrivò in cima che era notte. Nel buio delle case sparite, solo una luce tenue indicava la strada. Una strana abitazione, con più aperture che muri, sembrava spuntata lì, tra palazzi eleganti e ville padronali, come  un cavolo a merenda. Sulla porta, una donna e un uomo che parevano un sol corpo con due teste, facevano segnali con una lampada ad olio. L’onda diventò nastro di fiume e passo su passo, seguendo la corrente, lasciò sul prato, rasato di fresco, l’impronta del corso fino alla porta. E si fermò. La donna e l’uomo allargarono le braccia. Ad uno ad uno gli abitanti del fondovalle  sfilarono davanti alla coppia ed entrarono, entrarono tutti e c’era ancora posto per chi, dalle case vicine, avesse voluto unirsi a loro. Ma nessuno si fece vivo. Allora si decise di dare una festa per far passare la notte. Tutti si unirono alle danze. Tutti, tranne la giovane donna coperta di fuliggine più degli altri, con in braccio il bambino che, guardando verso l’uscita, non aveva smesso di piangere, continuando a ripetere un nome. Di cane, forse.

        Tra canti e balli la notte sembrava non voler mai finire. L’alba attese che la stanchezza arrivasse, prima di dare il cambio alle stelle. Tutti si addormentarono, solo il bambino non si rassegnava e resisteva al sonno e quando il silenzio avvolse anche la madre, le scivolò dall’abbraccio e corse fuori. Percorse il solco sull’erba e si fermò solo nel punto da cui gli era visibile tutta la valle. Non un segno di vita. Cenere. Solo la cenere se ne andava in giro indisturbata, con l’aiuto di un venticello lesto ma leggero. Poi arrivò la pioggia fina fina a ripulire l’aria e qualcosa si mosse giù in fondo. Il bambino si asciugò gli occhi e le andò incontro.

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