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T’insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece. C’è un verso di Pasolini che attraversa la Piana come un grido, una fiaccola che squarcia il buio dell’indifferenza. “E tu splendi ” è il nome scelto dal coordinamento civico che domenica 13 aprile, a Seminara, ha chiamato a raccolta cittadine e cittadini, associazioni, istituzioni e anime libere per un presidio pubblico davanti alla basilica della Madonna dei Poveri. Un appuntamento che non sarà silenzioso, ma rumoroso, indignato, vivo. Perché la violenza non si combatte a bassa voce. La si sfida con la presenza, con la parola, con la forza del noi.

Seminara, antico borgo di arte e spiritualità, è stata sconvolta nei mesi scorsi da una vicenda che ha lasciato ferite profonde. Due ragazze minorenni sono state vittime di stupri di gruppo, reiterati tra il 2022 e il 2023. Un orrore che ha il sapore amaro della viltà, perpetrato da chi, giovane anch’esso, ha scelto la sopraffazione come linguaggio. L’operazione “Masnada” ha portato alla luce un sistema di violenze e omertà, culminato con la condanna di sei persone a pene dai 5 ai 13 anni. Alcuni degli aggressori appartenevano a famiglie legate alla criminalità organizzata. Ma il dolore più lancinante è forse arrivato dopo, nel silenzio e nell’isolamento che ha costretto una delle vittime e la sua famiglia a lasciare la propria casa. A lasciare il paese. Come se la colpa fosse stata la loro. Un esilio forzato non per sfuggire a chi le ha ferite, ma per difendersi da ciò che avrebbe dovuto proteggerle: il loro stesso paese.

Sono partiti in silenzio, non per scelta ma per necessità. Hanno attraversato il confine invisibile che separa il “noi” dal “voi”, portando con sé la verità come unico bagaglio. È stato un esilio — non solo geografico, ma emotivo, sociale, umano. L’esilio di chi decide di splendere in un luogo che pretende l’ombra.

Non li ha cacciati una sentenza, ma lo sguardo distolto, il sussurro velenoso, il gelo di chi confonde il coraggio con il fastidio. La loro colpa? Avere rotto il silenzio. Aver scelto la luce.

La Regione Calabria ha offerto loro un alloggio, una nuova casa. Un gesto concreto, necessario. Ma anche il simbolo di una frattura: quella tra la giustizia degli atti e quella dei cuori. Perché non dovrebbe servire una nuova casa, quando si ha il diritto di abitare la propria.

Ma l’esilio non spegne la luce. Al contrario, la rende più tenace. È nel buio dell’allontanamento che la volontà di splendere si fa più viva, più radicale. Più necessaria.

Di fronte a questa ingiustizia, una parte viva della comunità ha deciso di dire basta. “E tu splendi” nasce proprio da questo bisogno profondo: restituire voce a chi è stato fatto tacere, dignità a chi è stato umiliato, luce a un territorio troppo spesso oscurato dalla bieca ignoranza. Perché la violenza non è solo quella fisica: è anche quella culturale, quella sociale, quella che accetta o tollera, che guarda altrove o peggio ancora, colpevolizza.

«La violenza – scrivono gli organizzatori – va condannata senza se e senza ma. Questo presidio è per le ragazze, per le loro famiglie, per tutti coloro che credono nei valori della giustizia e della fratellanza. Ci ritroveremo consapevoli che dalla comunità di Seminara, dalla sua storia nobile, può rinascere un senso profondo di orgoglio e appartenenza». Parole che non sono solo invito, ma sfida, richiamo, urgenza. Perché il tempo del silenzio è finito. «È l’ora di dirlo, forte e chiaro!».

Il sindaco Giovanni Piccolo ha espresso pubblicamente la solidarietà del Comune, ricordando la costituzione di parte civile nel processo e l’impegno per l’attivazione di supporti psicologici. Anche la Regione Calabria ha fatto sentire la propria vicinanza, offrendo un nuovo alloggio alla famiglia costretta ad abbandonare il paese. Ma oggi serve di più. Serve un’alleanza culturale, sociale, umana. Serve che la bellezza di un territorio – quella vera, che nasce dalla coscienza – prevalga sul fango di chi lo vorrebbe piegato.

Domenica 13 aprile, Seminara vuole rispondere con un presidio che non sia solo memoria, ma promessa. Che non sia solo protesta, ma progetto. L’obiettivo è chiaro: fare della cittadina un luogo dove mai più donne siano umiliate, ferite, denigrate. Dove la luce della giustizia e del rispetto torni a brillare sui volti delle persone, sulle pietre antiche del paese, sulle strade percorse da chi ha il coraggio di scegliere la libertà.

E in questo brillare collettivo, in questa luce accesa da chi ha subito e da chi ha deciso di non voltarsi più dall’altra parte, c’è la speranza che nessuna ragazza debba mai più essere costretta all’esilio per aver chiesto giustizia.

Pasolini scriveva: “T’insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece”. E Seminara, domenica, ha scelto di splendere. Con rabbia, con dignità, con amore. E noi, con lei.

 

Deborah Serratore

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