Come sempre le presentazioni del libri al Caffè Letterario Mario La Cava a Bovalino, si trasformano in incontri di scoperte culturali, curiosità, lezioni di storia e di critica letteraria. E ieri sera, ancora una volta si è ricreata la medesima magia, una piacevole serata per la presentazione del libro di Maria Cristina Briguglio e Giovanni Scarfò “Corrado Alvaro e il cinema. Una meravigliosa ossessione” edito da Città del Sole Edizioni e una raccolta di scritti e di articoli dello scrittore calabrese sul cinema.
Un libro che svela l’altro volto di colui che ha portato alto il nome della Calabria nella storia della letteratura e che è nato, quasi fosse un segno del destino, nello stesso periodo in cui il cinema faceva le sue prime apparizioni sulla scena del mondo moderno. Dunque un Alvaro giornalista, critico cinematografico e non solo più scrittore e letterato. Un volto che gli autori fanno emergere da un’attenta ricerca che ha portato alla scoperta di quella che Briguglio definisce “la vera ossessione di Alvaro”.
Scarfò ha invece costruito, durante l’arco della serata, un iter sulla storia del cinema italiano, spiegando come questo abbia diviso molti intellettuali tra sostenitori e scettici come Pirandello in quanto questa moderna macchina rischiava di mettere in crisi la letteratura e il teatro. Alvaro invece occupa uno spazio di mezzo tra i due filoni di pensiero, tanto che dai suoi scritti nasceranno decine di film tra cui Patto col Diavolo che rischiò addirittura di essere ritirato dalle sale perché si allontanava dalla realtà calabrese che era tenuto a mostrare. Fu lo stesso Mario La Cava a recensire e difendere il film per riconoscendone i limiti. A tal proposito ricordiamo che anche La Cava si incontrò col cinema quando gli fu proposta la produzione de Il matrimonio di Caterina che, nonostante le perplessità, riuscì ad ottenere un grande successo.
I dubbi dei letterati per il grande schermo d’altronde non erano infondati, poiché il cinema ha da sempre preso spunto dalla letteratura ricreandone personaggi, ambientazioni e atmosfere, cercando di tradurre in immagini le parole, a volte “tradendone” i contenuti, se ci si sofferma sull’etimologia della parola tradurre – al lat. traducĕre «trasportare, trasferire» (comp. di trans «oltre»).
Ma del resto questo fenomeno non può essere evitato e forse neanche condannato, anzi si tratta di un’azione quasi giustificata visto che la traslatio linguistica (perché anche in questo caso si tratta di lingua tradotta, seppur cinematografica) porta sempre con sé un tradimento che diviene inevitabile.
Ed è questa la bellezza dell’arte, l’interpretazione. Quando la scrittura si materializza in immagini, i suoni che prima si percepiscono tramite il calamaio e poi attraverso al macchina da presa e ancora, quando lo scrittore scrive pensando direttamente alla sceneggiatura e le immagini sono proiettate su carta, mentre la macchina da presa diviene la penna, anche questa è arte e forse Corrado Alvaro lo sapeva molto bene.
Cristina Caminiti