10 milioni di euro dal PNRR nell’ambito della Missione 5 (Inclusione e Coesione), questa la cifra destinata alla certificazione della parità di genere indicata nelle linee guida previste nell ‘UNi 125 2022. Tutto cancellato. E’ bastato toglierlo dal testo del nuovo Codice degli appalti presentato dal governo Meloni.
L’Unione europea – e con essa la stessa normativa italiana – aveva previsto l’obbligo di rispetto della parità di genere, declassata a opzione con riduzione dell’entità delle cauzioni provvisorie da 30 al 20 per cento.
Un solo colpo di bianchetto alla postilla che si riferisce alla certificazione della parità di genere. Il danno si profila sotto più aspetti, il primo della effettiva politica paritaria nelle imprese ancora non virtuose, il secondo alle imprese virtuose che hanno fatto del trattamento equo e paritario un lavoro imponente per la propria azienda e, non ultimo, la perdita di fondi PNRR destinati proprio agli aiuti nell’adeguamento ex art. 46-bis del DLgs 198/2006.
Se vogliamo aggiungere tutto il lavoro che giuristi e giuriste, esperti di diritto paritario, pubblico e amministrativo hanno portato avanti negli ultimi anni, il danno può essere pragmaticamente disastroso ma politicamente abominevole.
Dal mondo delle organizzazioni femminili l’urlo è forte e chiaramente deciso: le donne non sono “irrilevanti”, “opzionali”, “accessorie”. Le donne lavoratrici sono elementi della forza lavoro ancora fortemente discriminate e per le quali esistono e devono esistere norme che si assicurino che non si abbassi la soglia dell’attenzione sul giusto trattamento nelel aziende come nella pubblica amministrazione.
La soluzione al problema è semplicissima, una sola reintegrazione del testo con l'”obbligo” rispetto all'”opzione”. Arriverà?