Molti dei suoi scritti sono nati lì. Nella casa in contrada Viligreco, a Bovalino superiore. Gli alberi di ulivo secolari, gli animali, i contadini sono stati fonte di ispirazione per le sue storie. Mario La Cava (1908-1988) trascorreva lunghi periodi dell’anno nella proprietà di famiglia, ereditata dalla madre Marianna Procopio. Punto di controllo militare in periodo bizantino, con eccezionale vista sul mare, la tenuta dei La Cava è stato un importante punto di riferimento creativo per lo scrittore. Per noi, oggi, luogo di imperdibile incontro con tutto un mondo che ha dato forma e vita all’universo letterario di La Cava. Un prezioso luogo di memorie che è stato pesantemente colpito dall’alluvione del primo di novembre. Un’intera parete della casa è crollata sotto la pioggia incessante di quei giorni, e tutta la zona adiacente soffre delle frane e degli smottamenti subiti. Danni ingenti dal punto di vista materiale che divengono danno culturale, se pensiamo che attraverso quelle mura pericolanti passa una parte fondamentale della storia letteraria calabrese del Novecento. A Viligreco, dove c’era pure un frantoio, Mario La Cava trascorreva per esempio il periodo della raccolta delle olive, ma vi si rifugiava anche quando sentiva il bisogno di scrivere in tranquillità, a contatto con la natura. E durante la seconda guerra mondiale la proprietà era stata per la famiglia La Cava rifugio durante lo sfollamento. Non è difficile immaginare lo scrittore mentre passeggia per la campagna o mentre scrive, chino allo scrittoio, per consegnarci uno degli straordinari personaggi della sua opera maggiore, “Caratteri”. O mentre delinea con la sua scrittura asciutta e moderna la figura di giovane donna, protagonista del romanzo “Il matrimonio di Caterina”. Lassù è probabile che abbia scritto una delle sue innumerevoli lettere a Giuseppe Bonaviri o a Leonardo Sciascia (bellissimo il carteggio tra i due, conservato nell’opera “Lettere dal centro del mondo”, edita da Rubbettino), amici di una vita, letterati con cui condivise esperienze e pensieri. Il recupero della casa e del terreno su cui vi sono pure suggestive grotte naturali, dopo i disastri dell’alluvione, dovrebbe essere un dovere morale della collettività. Non a caso, è stato il bovalinese Domenico Racco a lanciare il grido d’allarme attraverso i social (sue le foto qui pubblicate), chiedendo l’intervento delle istituzioni. Si potrebbe pensare a un “percorso d’autore” che muova proprio dalla collina dove La Cava raccoglieva pensieri e sentimenti per farne narrativa alta e che attraversi altre memorie di scrittori e artisti, su una strada che dia giusto valore alle impronte del passato. E che si faccia luogo di ispirazione per il presente.
Maria Teresa D’Agostino