Il racconto del professore non è un infotainment di solo sport. Questo si è potuto evincere sin dalle prime parole di Fulvio D’Ascola, giornalista sportivo, sociologo e scrittore, ospite ieri sera al Caffè Letterario Mario La Cava a Bovalino.
D’Ascola spiega subito la presenza del termine professore all’interno del titolo: è in ricordo del padre, che fu insegnante e sportivo. L’infotainment nasce dalla bellezza dello sport, il quale non rimane limitato a se stesso, bensì coinvolge ogni singolo aspetto della società.
Punto di partenza è stata la riflessione sui concetti di spazio e luogo, “il primo” spiega D’Ascola “è geograficamente definito, mentre il secondo diventa luogo attraverso ciò che è raccontato.”
Sport e società camminano di pari passo, esistono in uno spazio e raccontano luoghi che sono diventati simbolo per il mondo degli sportivi e non solo. Le storie narrate e mostrate da Fulvio D’Ascola si sono evolute in una vera e propria lezione di sociologia: si è visto come lo sport ha influito profondamente nella società e come la stessa società si approccia nei confronti dei grandi campioni.
Nel corso della serata sono stati proiettati numerosi video: Olimpiadi di Roma, 1960 il maratoneta scalzo Abebe Bikila vinceva l’oro, così come Livio Berruti, oro nel 100 metri, Wilma Rudolph, tre ori nella velocità nei 100, 200 metri e staffetta 4×100, Pietro Mennea che nel 1972 conquista la medaglia d’argento nelle Olimpiadi di Monaco. E tanti altri, non solo dell’atletica leggera, ma anche del calcio: il ricordo di Sandro Ciotti che univa al suo essere sportivo anche l’amore per la musica e il cinema, l’eleganza di Johan Cruijff la cui abilità ha fatto incantare il mondo intero. Infine il mondo della box, rappresentato dal campione per eccellenza Cassius Clay, alias Muhammad Ali. Colui che rinnega la bandiera americana non andando a combattere in Vietnam (e per questo verrà squalificato per cinque anni), che si converte all’islam e che abbraccia la causa di Martin Luther King lottando per i diritti dei neri, diventa il Mito. Tanto che il match Rumble in the jungle, tra Muhammad Ali e George Foreman nel 1974 in Zaire, diventa luogo di storia in cui non solo due atleti si scontrano, ma due culture, due religioni e due paesi si ritrovano l’uno di fronte l’altro sul ring.
Non solo sport, come anticipato, ma anche musica con Alvin Cash e Kuku, questioni sociali come il problema dell’immigrazione e la decadenza del linguaggio sportivo e non: “la mancanza di radio e libro, che permettono la decodificazione, causa la rottura del linguaggio e della comunicazione. Oggi guardando una partita di calcio si sente solo dire bomber, sciabolata e altro, mentre prima era questione di raccontare una situazione, un personaggio o un ambiente.”
Dunque una piacevole serata regalata da Fulvio D’Ascola, che utilizzando un linguaggio semplice, da narratore, ha mostrato una parte di quello che era l’universo sportivo, trattando anche tematiche “attuali” che in realtà tanto attuali non sono: “cosa sta accadendo?” questa è una domanda dalla quale deve partire una seconda riflessione.
La questione razziale fondamentalmente non si è mai conclusa, così come i contrasti religiosi e la disparità di genere non hanno ancora trovato una fine. Dunque cosa è cambiato? Cosa si è evoluto? In pratica nulla, o meglio si sono raggiunti dei traguardi, si sono vinte delle battaglie, ma ancora stiamo facendo solo piccoli passi per raggiungere quegli ideali che fanno della società ‘luogo di storia’ degli uomini. Tutto questo, non è retorica, può essere ottenuto con la cultura e l’informazione: solo tali elementi sono in grado di nutrire la mente e porre l’uomo in grado di non commettere ancora gli errori e gli orrori del passato, ma di costruire una storia nuova e moderna.
Cristina Caminiti