Beatrice Covassi, già Capo della rappresentanza in Italia della Commissione europea, oggi nella delegazione diplomatica a Londra, ha esposto nei giorni scorsi le sue ultime opere. In una galleria candida una esplosione di colori per celebrare l’Europa ma non solo. Una esposizione finalizzata alla vendita di beneficienza, tutta sold out, per aiutare il popolo ucraino. Sembra però che Covassi abbia voluto porre un punto più profondo della “sola” questione ucraina, un equilibrio in pieno stile da mediatore, per fare il punto sull’identità stessa dell’Europa. Una produzione che comunque spazia oltre la cronaca di questi tempi ed entra nell’animo umano facendo muovere i colori più come strumenti che solo come elementi cromatici. Una vita altra rispetto alla collocazione che i colori stessi ricevono. Forte, gentile e insieme deciso l’impatto emotivo sull’osservatore … e l’abbiamo visto solo tra video e foto! Sperando di vederlo presto in Italia, prossima mostra, prossimi colori.L’intervista:In realtà credo che arte e diplomazia sia un ottimo binomio. Oggi infatti si comprende sempre più l’importanza della diplomazia culturale perché l’arte, in tutte le sue espressioni, è al tempo stesso identità culturale e linguaggio universale.Nella mia vita personale, le arti plastiche sono diventate sempre più importanti nel corso degli ultimi vent’anni. Oggi l’arte è per me una dimensione di creatività e libertà imprescindibile. Dipingo ovunque, anche nei sogni, e spero di poter continuare a farlo.
Quando inizio un’opera, è spesso il colore che crea la forma. Parto dai colori, dalle vibrazioni ed emozioni che trasmettono per raccontare un sogno, una visione, un attimo fuggente o una storia complessa. Per questo amo utilizzare i pigmenti puri che hanno un’intensità di colore davvero straordinaria.
Alcuni hanno descritto la mia arte come “colore in movimento”. È vero perché riflette il mio modo di percepire la vita come colore: associo a colori non solo le emozioni e i sogni ma anche la parte razionale, quella fatta di pensieri e concetti. Anche le persone irradiano colore.È una grande tela che si chiama “The Next European Dream” e l’ho terminata il giorno prima dell’inaugurazione della mostra.
Questo quadro racconta del prossimo sogno europeo, quello che portano avanti oggi anche a costo della propria vita i giovani ucraini ma anche tutti quelli che guardano all’Europa come orizzonte di speranza. Ho dipinto una bandiera europea complessa, fatta di tanti input pittorici diversi, sofferta a tratti. Perché l’Europa è questo: un sogno, un’aspirazione e al tempo stesso, come diceva David Maria Sassoli, un grande cantiere in corso. Va avanti a volte troppo lentamente e faticosamente, ma va avanti!
Mi trovo a Londra proprio per conseguenza della Brexit. Dopo l’uscita dall’UE il Regno Unito è diventato un paese terzo ed è stata aperta una nuova Delegazione dell’Unione europea.
La mostra però non ha attinenza con il mio lavoro. Si tratta di un’ iniziativa a favore dei profughi e sfollati ucraini, con i proventi devoluti all’organizzazione internazionale delle migrazioni ( https://donate.iom.int/) . Su questo fronte UE e Regno Unito lavorano fianco a fianco.Chi volesse contribuire può visitare il mio sito www.covassi.art e prendere un quadro online fino alla fine dell’estate.
5. La mostra, quella composta da queste tele non potrà venire replicata, molte sono state vendute per beneficienza, a sostegno del popolo ucraino. Quanto arte, diplomazia e sostegno sociale potranno far uscire una popolazione dall’incubo della guerra? Quanto il sogno europeo potrà aiutare?Rispondo con le parole di Gamlet Zinkivskyi, street artist a Kharkiv: «L’arte non può cambiare la realtà. Ma la riempie di speranza».
6. Ultima domanda, molto personale. La prima volta che il pennello ha toccato la tela e poi è stato poggiato, finendo di preparare il suo primo lavoro. Le emozioni, i perchè, la paura…e il vero, profondo motivo che le ha fatto scegliere l’arte per continuare ad esprimersi.È stato a Bruxelles che ho dipinto le prime grandi tele. L’emozione più grande è stata il momento in cui mi sono detta “Ecco, è compiuta” e poi vedere, il giorno dopo, che il mio dipinto era fuori di me e mi parlava. Questo primo dialogo con le mie opere è la sfida più grande e la gioia intima più vera. Quella per cui vale la pena continuare a dipingere, sperimentare, creare. Solo dopo viene lo sguardo degli altri che è sempre importante e instaura una dinamica diversa, plurale.Mi emoziona sempre pensare che le mie opere vivono nel quotidiano di altri luoghi, di altre vite. È come se ci fosse un poco di me che vive tanti “altrove”.
Il servizio dei colleghi di London One Radio: