Dopo petizioni di migliaia di donne calabresi, la lettera-appello delle donne del Pd Calabria, la disponibilità del Presidente del Consiglio Irto a calendarizzare il progetto di legge 31/10 sulle quote e la doppia preferenza di genere nella legge elettorale che giace da anni a Palazzo Campanella, finalmente è arrivato lunedì scorso l’atteso “facce a faccia” di una delegazione bipartisan di donne e delle istituzioni di parità con Mario Oliverio.
Il Presidente della Regione, ben consapevole di aver già preso un chiaro impegno in tal senso nella precedente campagna elettorale, ha dato il suo sostegno al percorso di riforma, ma, ad onor di verità, non mi pare ben chiaro ciò in che cosa effettivamente si sostanzi.
Le interpellanze e le interrogazioni parlamentari sul mancato adeguamento (anche) della Calabria alla legge 20/2016 voluta fortemente dal Governo nazionale guidato dal Partito Democratico, sono diventate tre: la prima, autorizzata dall’intero gruppo parlamentare Pd alla Camera, la seconda di LeU e la terza firmata da Wanda Ferro che, forse, più di tutte conosce gli effetti delle leggi elettorali incostituzionali approvate sulla “pelle” delle donne.
Sono atti importanti che nulla tolgono ad una autonomia (ordinaria) della Regione Calabria, il cui stesso Statuto, voluto e votato da Oliverio stesso nel 2015, prevede che la normativa elettorale regionale si conformi ai principi statali, anche quelli dettati dalla legge 20 e che sollecitano un intervento sostitutivo del governo previsto dalla Costituzione nel caso in cui i legislatori regionali continuino a sonnecchiare su una riforma “costituzionalmente obbligata” , esattamente come quella che andava introdotta per garantire il seggio consiliare al “miglior candidato perdente”, su cui la Ferro ci ha fatto scuola.
Insomma, non c’è scampo per latitare ulteriormente ed è per questo che l’idea paventata dal Governatore, e non solo, di rinviare l’approvazione del progetto di legge ad una più ampia riforma, non può che essere considerata come una mossa di una partita a poker che storicamente vede le donne e le loro istanze sacrificabili sul tavolo dei maschi vincitori.
Ce lo ricordiamo, durante la celere discussione all’ultima legge elettorale nella scorsa consiliatura, l’emendamento che introduceva la doppia preferenza di genere venne all’ultimo ritirato, mentre tutte le democrazie mature, anche nelle loro articolazioni regionali, si dotavano dei dovuti strumenti promozionali (facoltativi nel loro utilizzo, ma non nella loro previsione normativa) idonei a perseguire l’obiettivo del riequilibrio di genere e l’attuale legge nazionale non fa che ergere a principi ciò che negli anni si è rivelata la migliore via nella direzione della democrazia paritaria.
Quello che è opportuno oggi, ossia l’immediata approvazione di una norma nazionale in sede regionale non è nulla di trascendentale e darebbe consequenzialità (e consistenza) all’impegno preso. In Abruzzo quest’anno è stata approvata una norma ad hoc per adeguare la legge elettorale inserendo le quote e la doppia preferenza di genere, mentre la riforma complessiva della legge elettorale è stata ritirata per problemi interni alla maggioranza.
Ora il sostegno, assai flebile, di Oliverio sicuramente può essere interpretato come un fatto positivo e va riconosciuto, ma va evidenziato anche il silenzio dei consiglieri regionali a lui più vicini come Peppe Aieta, Mauro D’Acri, Francesco D’Agostino e Mimmo Bevacqua, oltre all’aperto contrasto di Orlandino Greco che in questa battaglia culturale e di civiltà non si esime dal rappresentare apertamente il Grinch della parità di genere.
E poi diciamocelo, se ci fosse il sostegno di questi consiglieri regionali “oliveriani” la doppia preferenza di genere si potrebbe votare con esito positivo già domani mattina.
Alessia Bausone – PD