I ragazzi si stanno muovendo, non è solo Greta, usata come simbolo e portavoce del loro malcontento. Rallegriamoci del loro impegno; per come sta andando la società, la strada che stanno prendendo i ceti sociali, di distrazione dai temi importanti e di attenzione al futile, non era scontato che si arrivasse ad un tale movimento di coscienze verso gli urgentissimi temi ambientali.
Non commettiamo l’errore di trascurare o denigrare o, peggio, ignorare la loro protesta. Non solo per l’importante tema che stanno affrontando ma, soprattutto secondo me, per il gesto che il mondo degli adulti gli rivolge. Li abbiamo cresciuti come distratti consumatori dell’intero marketing esistente al mondo, da quando nascono sono strumento di consumo – pannolini, latte in polvere, medicinali, vestiti, aggeggi vari inutili, giochi (studiati per farli diventare consumatori in serie), videogiochi, cartoni, gadget, film, serie tv, vestiti, macchine, telefonini, cosmetici, stile di vita consumistico – poi, quando non si sa con quali mezzi, tra le migliaia di stimoli contrari, riescono a vedere che il mondo è loro e devono partecipare al suo sviluppo, cominciano a farsi parte attiva della società globale … li abbandoniamo, non li ascoltiamo. Non è solo l’Onu che deve dare ascolto ai giovani che oggi sono in piazza a farsi ascoltare, siamo noi adulti a dover prestare attenzione alla loro voce. Non volgiamo l’attenzione altrove e, nel mezzo delle nostre giornate caotiche, fermiamoci, sosteniamoli. Hanno bisogno di noi, come noi abbiamo bisogno di loro.
Abbiamo dimenticato come eravamo noi? La rabbia che ci faceva sapere di non avere voce? Sono sempre stata una ragazza ligia al dovere. Dove mi mettevano stavo, come si usa dire. Poi qualcosa è cambiato, in realtà già accenni di ribellione li avevo, e spuntavano qua e là da tempo. Erano però casi isolati. La mia adolescenza è stata un calvario per mia madre, ogni tanto mi racconta di essere stata terrorizzata pensando di dover affrontare la stessa cosa con i miei fratelli; per fortuna sono stata l’unico caso di crisi adolescenziale ingestibile in famiglia, per ora.
Da quando non mi permettevano a sei anni di andare a trovare il mio papà in ospedale (buttai giù tutte le sedie a casa della nonna dove mi avevano “parcheggiata”), fino a litigare con la professoressa delle medie e farmi mettere un brutto voto perchè mi voleva far cambiare una frase nel tema “vorrei un giorno essere una donna di mondo”, perchè come mi spiegava era un termine negativo quando invece non era così per un uomo? Perchè un “uomo di mondo” aveva un significato diverso? Perchè al liceo ci punivano se scioperavamo? Era per cause serie, la scuola che cadeva a pezzi, i riscaldamenti che non funzionavano. Bloccammo la statale 106 coricandoci sull’asfalto, facemmo irruzione nel comune, sempre rimproverati, sempre senza voce.
Allora adesso, per favore, non voltiamoci dall’altro lato. Ascoltiamo cosa hanno da dirci. Abbiamo qualcosa da farci perdonare dopotutto, forse non abbiamo combattuto abbastanza per le nostre idee e adesso loor ne pagano le conseguenze.
La Direttora
Raffaella Rinaldis