di Raffaella Rinaldis

Quest’anno abbiamo deciso di seguire il festival dei 2Mondi di Spoleto, giunto alla sua 62ma edizione regala ogni anno di più spunti di riflessione e momenti di arte mai lasciata al caso nella scelta dei temi e della rappresentazione.

future spoleto

Così abbiamo deciso, nel weekend inaugurale di seguire la premiazione della Fondazione Carla Fendi, due donne premiate, un pensiero che unisce due mondi, quello naturale e quello artificiale. anticipato da uno spettacolo composto da musica, prosa, video e arte oratoria e filosofica. Insieme per porsi domande, questioni profonde sull’essere e il dover essere.

fondazione fendi

Insomma.

In un paio d’ore le nostre certezze diventano dubbi e tutto si trasforma in una grande congerie di pensieri. Può la filosofia alimentarsi dalla robotica? Sembrerebbe di primo acchito assolutamente impossibile, eppure.

Come da tradizione il Premio Carla Fendi non lascia nulla al caso, introdotto nel sontuoso scenario del Teatro Caio Melisso da uno spettacolo futuristico, si guarda al futuro prossimo e a quello più lontano, cominciando a ragionare di quanto accade adesso per capire il passato, il presente e prevedere gli scenari futuri.

Ecce Robot, un pensiero che si sviluppa attraverso un documentario, prodotto dalla Fondazione e realizzato da Gabriele Gianni. Tra immagini di repertorio e interviste a scienziati ci si interroga sulla Intelligenza Artificiale, trattando il tema delle emozioni, passando dalle neuroscienze fino ad approdare alle discriminazioni, quelle subite da Alan Turing, quelle sulle quali lo stesso si interrogava tramite il suo Turing test (un esame per distinguere l’uomo dalla donna approdando poi alla distinzione uomo-macchina), il suo infine fu un urlo di dolore, accetti l’umanizzazione di una macchina ma non riconosci nella mia natura l’umanità stessa? La discriminazione della sua omosessualità fu straziante per lui.

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E non poteva mancare Isaac Asimov, con “Sogni di robot”, rappresentato sulla scena da una conversazione tra Valeria Golino e Valentina Cervi, che interpretano un dialogo sulle dimensioni cognitive e percettive delle macchine. Tutto porta a domandarsi dunque se i robot possono davvero avere un proprio autonomo pensiero, addirittura avere emozioni o rappresentazione delle emozioni umane. Tutto diventa umano, in un’epoca in cui (quasi) tutti diventano disumani.

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Ci pensa però Jaron Lanier a far tornare tutto ad una dimensione più umana e razionale. Scienziato della Silicon Valley, artista, al vertice dell’innovazione digitale e pioniere della realtà virtuale, Lanier ha fatto tornare tutto nei confini della razionalità e del pensiero pragmatico. Dall’eccesso del pensiero futuristico fino a quel momento espresso e verso il quale siamo stati spinti Lanier ha posto un importante punto fermo: la questione è tutta incentrata sull’equilibrio umano/disumano. Tutta la tecnologia, i tempi veloci del web, il controllo dell’essere umano da parte delle nuove tecnologie, l’abbattimento della privacy e la rinuncia superficiale della stessa, stanno minando la nostra umanità, disumanizzandoci in modo inesorabile. Qualcuno nel documentario aveva detto che stiamo per creare una classe degli “inutili”, coloro che verranno sostituiti dalla macchine, si faceva l’esempio di google translator e degli interpreti. Un pericolo che corriamo ma che allo stesso tempo dobbiamo evitare. La disumanizzazione dipende da noi, dalla capacità del nostro uso delle moderne tecnologie e dall’applicazione e dell’utilizzo che di esse facciamo. Quindi non poniamoci troppe domande sull’umanizzazione delle macchine, quanto piuttosto creiamoci il problema di come restare umani noi.

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E un buon uso della tecnologia è stato fatto dalle due scienziate premiate dalla Fondazione Carla Fendi. Introdotte da Marco Cattaneo, direttore di National Geographic in conversazione con Giorgio Metta, vicedirettore scientifico dell’Istituto italiano di Tecnologia, Cecilia Laschi e Barbara Mazzolai hanno ricevuto il premio per il loro lavoro nella biorobotica. La prima, professore ordinario di bioingegneria industriale all’Istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e la seconda Direttrice del Centro di Micro-Biorobotica dell’Istituto italiano di Tecnologia.

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Cecilia Laschi lavora alla realizzazione di robot che riproducano tessuti “morbidi”, che possano quindi diversamente agire rispetto ai moderni robot, sua è la produzione del “robot polpo”, che riproduce tessuti e movimenti dell’animale. Sulle piante si è invece concentrata la biorobotica di Barbara Mazzolai che ha riprodotto invece tessuti e “atteggiamenti” delle piante. tutto da applicare alla medicina, alla ricerca aerospaziale e tutto quanto possa risultare utile per lo sviluppo delle conoscenze a supporto dell’uomo.

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Non potevano però mancare, da parte nostra, le domande alle due scienziate che si sono sottoposte volentieri alla nostra tematica “femminile”. Sulla questione del’accesso delle donne alle materie scientifiche entrambe hanno risposto che, davanti ai dati oggettivi di una crescente iscrizione di donne alle scienze biologiche e alla ingegneria legata al biologico, c’è ancora un grande divario tra iscritti uomini e donne nelle materie di ingegneria informatica, tecnica, meccanica. Un limite che deve essere superato dalle stesse ragazze, esortate dalle due scienziate a non porre se stesse come limite del proprio futuro scientifico, di trascurare gli stereotipi legati ancora alle vecchie generazioni e di superare prima di tutto i propri limiti interiori. scienziate 2