antonio marziale“Il Garante nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza è un primus inter pares, non è a capo di nulla. I nostri ruoli sono sussidiari e complementari l’uno dell’altro, in piena autonomia, ma anche sintonia se non fosse che Filomena Albano ci esclude sistematicamente, anche quando intraprende iniziative nei nostri territori e noi lo veniamo a sapere dalla stampa o dai social”: queste le ragioni che hanno indotto il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria, Antonio Marziale, a disertare oggi, insieme agli omologhi di Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia e Puglia, la relazione annuale dell’Autorità Garante nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza alla Camera dei Deputati.

“Noi veniamo eletti dai Consigli Regionali – spiega Marziale – e il nostro mancato coinvolgimento, come nel progetto Fami, per il monitoraggio dei tutori per minori stranieri non accompagnati, sviluppato dalla Garante nazionale con associazioni esterne, è da considerarsi lesivo anche per le assemblee legislative che ci conferiscono l’incarico. L’individuazione, la formazione, la trasmissione dei dati dei tutori ai tribunali per i minorenni di riferimento ed anche la privacy, sono appannaggio dei garanti regionali come previsto dalla Legge Zampa, non possiamo noi essere esclusi da un progetto che in sostanza replica il lavoro che già svolgiamo, senza neppure un ringraziamento. L’anno scorso, infatti, siamo arrivati al Senato della Repubblica per la reazione annuale, tutte le istituzioni avevano i posti assegnati e i garanti regionali no: ‘sedetevi dove trovate un buco’ – ci è stato detto”.

“La Calabria ha formato circa 700 tutori per minori stranieri non accompagnati – evidenzia il Garante – in collaborazione con l’Unicef presieduta a livello nazionale dal calabrese Francesco Samengo, con l’arcidiocesi e la Camera Minorile di Cosenza e con l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, eppure la Albano ha avuto da ridire sulle pagine de La Repubblica dicendosi delusa, salvo poi dovermi chiedere scusa al cospetto dei colleghi.  È a me che si deve la Terapia intensiva pediatrica, che in Calabria non c’era mai stata e che oggi opera a Cosenza attraendo sfortunati piccolini provenienti anche da regioni limitrofe. Sono stato io a fare da cerniera tra l’allora presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, Nico D’Ascola, e il presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, Roberto Di Bella, scongiurando la trasformazione dei Tribunali stessi in sezioni del Tribunale ordinario e dando impulso al protocollo ‘Liberi di Scegliere’, che permette ai figli dei mafiosi di allontanarsi volontariamente per cercare una nuova vita e sfuggire alle maglie della malavita”.

Marziale ricorda: “Sono stato il primo garante nella storia a costituirsi ed essere ammesso parte civile contro gli abusanti di una bambina. Ho lavorato per garantire una strada ai bambini del quartiere ghetto più conosciuto d’Italia, la Ciambra di Gioia Tauro, a mandarli a scuola contenendo una dispersione scolastica stellare, anche se tantissimo bisogna continuare a fare. Ho provveduto ad assolvere a funerali di bambini indigenti e miriadi di altre cose fatte. Ripeto, fatte, e mi dico stanco di passerelle istituzionali fini a se stesse, con tanto di diretta Rai per esaltare un mondo che non c’è. Ci sono i bambini che prendono colpi di pistola a Napoli, quelli calabresi che spiccano nella classifica italiana della povertà educativa, con il 90% degli istituti senza decreto di agibilità. Ci sono bambini le cui istanze dei bisogni vengono portate alla luce dai colleghi regionali, invano, perché la Garante nazionale ci convoca in Conferenza nazionale di garanzia sempre meno spesso e quasi sempre con all’ordine del giorno i minori stranieri non accompagnati – l’ultima volta quasi un anno fa – o altri motu proprio e le nostre esigenze possono andare a farsi friggere”.

“Fare il garante significa averne la vocazione e la preparazione non solo tecnica – conclude Marziale –  e bisogna mettersi nelle condizioni di elencare risultati, non dati statistici e protocolli. I bambini non sono numeri, sono esseri umani in attesa di risposte, che dalla Calabria arrivano sistematicamente”.