Non solo romanzo, ma anche saggio, riflessione politica, studio antropologico con uno scorcio filosofico, che tocca la tecnica dell’ibridismo, ovvero l’incontro di diversi registri che costituiscono un’unità. Mario La Cava scrive, con la passione che rimanda ai veristi ottocenteschi e la minuziosità di uno storico, uno degli eventi che hanno posto la Calabria, in particolare Casignana, tra i protagonisti della storia del Novecento.
Il Caffè Letterario Mario La Cava ritorna a quel 22 settembre 1922 in una serata ricca di storia e attualità alla presenza di ospiti del calibro di Marco Gatto, ricercatore e docente Unical, Ilario Ammendolia, direttore editoriale La Riviera e Giuseppe Italiano, critico letterario, il tutto diretto dalla giornalista Maria Teresa D’Agostino insieme a Domenico Calabria, presidente del Caffè letterario. Il numeroso pubblico in sala ha ascoltato con un silenzio al limite della contemplazione le diverse analisi critico testuali e contenutistiche fornite dai relatori sul grandioso libro dello scrittore bovalinese. Presenti anche i sindaci di Bovalino, Maesano e di Casignana, Crinò, la cui presenza ha suggellato una sorta di gemellaggio tra le due cittadine passando attraverso lo scritto di Mario La Cava.
Non una rivoluzione, ma una risposta ad una promessa non mantenuta quella della Casignana degli anni precedenti all’avvento del fascismo.
1922, Casignana è il feudo della principessa di Roccella e con la legge Visocchi, i suoi contadini e reduci di guerra ottengono le terre della foresta di Callistro, terre che verranno tolte loro a causa dei signorotti, i quali presentano l’istanza di rievocazione al Prefetto che, rifacendosi al decreto Falcioni, firma l’ordinanza che annulla la Cooperativa di Casignana.
Da questo nucleo storico, Mario La Cava si ispira ad un libro che diventa un unicum della letteratura italiana, attraverso l’analisi politica di una lotta repressa nel sangue. “È il dramma della vita nei conflitti sociali” come scrive lo stesso autore, i sentimenti e gli ideali di giustizia e fratellanza dei calabresi vengono schiacciati da una politica che non ha alcuna pietà di chi realmente è il cuore economico e sociale del paese, perché essi sono gli ultimi e tali dovranno rimanere.
L’uscita poco felice del 1974 a causa della critica letteraria e della pigrizia verso questioni giunte “in ritardo” torna oggi alla luce in tutta la sua potenza.
Il nuovo secolo ha la necessità di riprendere la storia per trarne nuove ideologie e riformulazioni socio-politiche, necessita di capire quale sia la storia del proprio paese per comprendere la sua vera identità. E questo percorso può sicuramente partire da scrittori come Mario La Cava, amante delle proprie radici e in un certo senso rivoluzionario, perché è attraverso i suoi scritti che è possibile attuare una vera rivoluzione socio-culturale.
La Calabria è una terra di “uomini di pensiero e di penna” che ha dato i natali a Cassiodoro e Gioacchino da Fiore, a Telesio e a Campanella, a Francesco Perri, Corrado Alvaro e Mario La Cava, una terra di dignità e cultura sorta all’origine del mondo. Leonida Répaci definiva la Calabria “la torre che non crolla giammai la cima pel soffiar dei venti”. È giunto il momento di renderci conto della straordinaria importanza del nostro patrimonio culturale che ha visto il passaggio, ma anche la permanenza, dei grandi intellettuali italiani e stranieri, riscopriamo l’amore sviscerato verso una terra, ahimè ancora considerata di nessuno, degna di riconoscenza patrimoniale.
Si pone la necessità, che sorge da incontri come quello di ieri sera a Bovalino, l’importanza di rivoluzionare l’antica potenza calabrese in tutta la sua magnificenza attraverso coloro che hanno fatto di essa territorio di storia.
Dunque onore al Caffè Letterario Mario La Cava che con l’organizzazione di eventi culturali mostra quel volto dorato della Calabria, terra di intellettuali, studiosi, scrittori di grande stima, che hanno raccontato e continuano a raccontare un mondo che, seppur tra problematiche radicate nella storia, mantiene l’orgoglio di risorgere in tutta la sua bellezza culturale.
Cristina Caminiti