“Un atto non solo altamente simbolico, ma fortemente necessario dopo il ripetersi di tragedie evitabili e prevedibili. Era diventata la baraccopoli della morte, quella location cupa, sporca e a tratti inaccessibile. Forze dell’Ordine costrette ad intervenire in situazioni borderline e Vigili del Fuoco esposti più del dovuto, per garantire sicurezza, prevenzione ed interventi di soccorso. Poca sicurezza, criticità igienico-sanitarie e diritti umani calpestati, quadro desolante per immigrati alla ricerca di un posto caldo e un tetto per dormire. E le facili ed improvvisate valutazioni sul come e perché fossero diventate stanziali intere famiglie, non sono quasi mai state accompagnate da soluzioni risolutive. Quella di oggi lo è. Lo sgombero della baraccopoli, dopo tre morti in un anno – sottolinea Neri – potrebbe rappresentare il primo passo verso un processo di normalizzazione. Ma accanto a questo occorre una presa di coscienza forte per attuare provvedimenti che possano garantire una forma di aggregazione sociale diffusa. Ed in questo devono assolutamente essere coinvolte le parti sociali. Interessante, prosegue l’esponente politico, sarebbe l’idea – proposta da una sigla sindacale reggina – dell’installazione di moduli abitativi nelle aziende del territorio che avessero voluto aderire ad un progetto di integrazione sociale e lavorativa. Ossia moduli abitativi destinati ai lavoratori immigrati, per superare o alleggerire anche l’affollamento della tendopoli, che avessero voluto intraprendere un percorso lavorativo con le imprese della piana di Gioia Tauro, proprio per favorire un percorso di de-ghettizzazione e l’inibizione di un caporalato diffuso.
Era giusto, e cristianamente imprescindibile – conclude Giuseppe Neri – restituire ai migranti una condizione di dignità personale, che più volte ha sfidato la nostra coscienza”.