Mediterraneo di conflitti, guerre e alleanze. Mediterraneo di speranza e di avventura, Mediterraneo culla della storia, fulcro della civiltà classica, origine di Omero, acque accarezzate da Ulisse, incanto agli occhi di Cleopatra e ponte per i Romani. Mediterraneo di scambi, di commercio e di schiavitù e di libertà. Mediterraneo utero del mondo, casa dell’uomo e padre della cultura.
Com’è dolce il nome di questo Mare e quanta forza e quanti misteri raccoglie in sé. Un mare che tocca le sponde della nostra Calabria, ma anche un mare che accarezza le rive delle più grandi terre della storia classica, Egitto, Libia, Giordania, Turchia, Spagna, Francia, Grecia, Siria, Israele , Algeria, Marocco.
I Romani lo chiamavano mare nostrum perché la loro conquista toccò tutte le regioni affacciate sulle sue acque, ma Mediterraneus è il nome che più fa comprendere la straordinarietà di questo luogo. Il mare “in mezzo alle terre”, che ha intensificato i rapporti culturali e commerciali tra i popoli, percorso dai Fenici che crearono empori e porti commerciali, dai Greci che hanno stabilito in esso le colonie sulla nostra fascia ionica e dai pirati Saraceni che dimostrarono la loro potenza in lunghe battaglie, e che ha fatto gola praticamente al mondo intero.
Tutto questo emerge dalle pagine del nuovo libro di Mimmo Nunnari Destino Mediterraneo. Solo il mare nostro ci salverà, edito da Rubbettino, presentato ieri sera presso la libreria Mondadori Bookstore a Siderno, insieme a Maria Teresa D’Agostino e in collaborazione con il Caffè Letterario Mario La Cava nella persona del presidente Domenico Calabria.
La premessa di cui sopra scritta, forse non riesce a concentrare in sé tutta la profondità storica che queste acque contengono. Il Mediterraneo si porta dietro lungo il corso dei secoli, un aspetto apparentemente irrilevante della sua identità: la speranza. Questo Mare Spei oggi come oggi è passato da teatro di gloriosa storia a ponte di speranza per migliaia di persone che fuggono disperatamente da una guerra che sta succhiando le viscere delle loro terre. “Ed è vergognoso” sottolinea Nunnari “che l’Europa civile, moderna, ma immemore e smarrita nei suoi valori abbia dimenticato da dove veniamo tutti”.
Nel suo saggio Nunnari riflette sull’Europa e in particolare sul nostro Sud che si affaccia sulle acque del Mediterraneo ponendo l’attenzione sulla questione immigrazione in un confronto tra passato e presente spiegato magistralmente dal giornalista. La storia inizia proprio dal Mediterraneo, e non solo quella civile ma anche quella religiosa, quando Abramo “si ferma in una città del deserto, pianta la sua tenda, comincia a coltivare la sua terra, scava un pozzo e lì inizia la storia”. Si, perché “siamo tutti figli di Abramo” dice Nunnari ed effettivamente, andando a ritroso nella storia delle religioni, è così: i tre grandi credo monoteisti nascono tutti da Abramo.
Le parole di Mimmo Nunnari, così come il suo stile, sono state una vera e propria lezione, dettata con linearità e chiarezza. L’excursus storico esplicato da Nunnari fino ai giorni nostri ha aperto al dialogo e al dibattito anche sulla questione mediterranea e in particolare calabrese. La Calabria infatti, prima di entrare nel tunnel della “disuguaglianza istituzionale” è stata il fulcro della civiltà italiana con una posizione geografica di rilievo, in quanto essa è la terra ideale per gli scambi e gli aiuti con l’Africa. La Calabria osserva intorno a sé tutte, nessuna esclusa, le terre che si affacciano sul Mediterraneo: è un continuo osservarsi l’uno con l’altro su due sponde esattamente identiche e in un mare che riflette terre uguali. La Calabria, il sud intero, ma potremmo dire anche tutta la penisola, ha molte più similitudini con ‘quei popoli’ di quanto si possa immaginare, il problema è che questa uguaglianza spesso viene dimenticata. Nella nostra cultura, nella nostra civiltà, e forse anche nel nostro sangue racchiudiamo quello stesso mondo che adesso rifiutiamo di accettare. E allora Nunnari continua la riflessione sulla paura dello straniero, del diverso o più semplicemente dell’altro. Abbiamo dimenticato che quelle stesse civiltà che hanno collaborato allo splendore della nostra Italia adesso chiedono aiuto: sembra una sorta di conto quello che la storia adesso ci presenta davanti, ma non possiamo escludere il fatto che sia anche così.
Abbiamo dimenticato chi siamo, chi sono i nostri padri e quale sia la nostra vera identità: noi siamo figli di una storia di gloria civile e culturale che chiude in sé mescolanze di popoli e tradizioni, colori, lingue e profumi. Una mescolanza che ha garantito la nostra esistenza oggi, che ha portato alto il nome dell’Italia e che adesso stiamo mettendo da parte senza alcun rispetto, chiudendo ogni porto con quelle civiltà che riflettono noi stessi e la nostra storia.
L’argomento è fin troppo complesso da racchiudere in così poche righe, il concetto di rispetto alla storia è troppo profondo da comprendere in poche pagine, ma la riflessione non deve abbandonarci: è solo ricordandoci chi siamo ed è solo volgendo lo sguardo verso il Mediterraneo che potremo comprendere la storia dell’uomo e l’Uomo.
Cristina Caminiti