20181110_09440820181110_094637

Questa mattina si è tenuto il convegno “Crimine e disagio esistenziale: il ruolo della Criminologia e della Criminalistica nell’analisi del comportamento criminale”, presso la sala consiliare del comune di Bovalino. Il meeting è stato ideato da Antonella Filastro, direttore dell’IPUE , Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale – Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Umanistica Esistenziale e, molti sono stati gli illustri protagonisti che hanno presenziato al tavolo dei relatori, il tutto moderato da Maddalena Dattilo. A fare da sfondo, inoltre, i quadri della giovane artista Aurora, ispirati all’Espressionismo astratto di Jackson Pollock dal quale riprende la tecnica del dripping.

Subito dopo i rituali saluti e ringraziamenti, il sindaco Maesano ha sottolineato come questo incontro sia stato “un percorso avviato da più di un anno dall’amministrazione”.

Ad intervenire per gli ulteriori saluti istituzionali Gabriella Mollica, presidente dell’Ordine degli avvocati di Locri, Concetta Gioffrè della Croce Rossa Italiana, Danilo Ferrara, presidente del Consiglio Ordine Assistenti Sociali, Giuseppe Varacalli, presidente Federsanità ANCI Calabria e il dirigente scolastico del liceo ‘G. Mazzini’ Francesco Sacco.

I puntI toccati durante il convegno sono stati molti e ognuno di questi ha rivelato interessanti aspetti sulle materie psicologiche e legali, attraverso vere e proprie lezioni di aggiornamento sullo stato della criminalità, ma soprattutto sul profilo psicologico di vittima e carnefice.

Ed è proprio Andrea Pastore a parlare del criminale che allo stesso tempo è vittima e reo: “vittima perché proviene da un contesto sociale in cui spesso è la stessa famiglia ad avere problematiche criminali”. Ciò che si prefiggono gli specialisti del settore giudiziario, psicologico e psicoterapeutico infatti è quello di capire le cause di determinati atti per cercare risposte adeguate. Il convegno infatti si impone dunque di far capire come “diventa inevitabile per gli esperti della psiche, sviluppare e condividere nuovi strumenti comuni e approfondire gli aspetti legati al comportamento criminale e ai suoi risvolti esistenziali”.

Naturalmente non si parla di “giustificare” omicidi, femminicidi o altre azioni criminali, ma si tratta di informare e aggiornare la gente sul lavoro svolto dai tribunali, dalle associazioni, dalla sanità, in particolare quando si parla di minori.

E allora qual è il fattore scatenante che porta a determinati comportamenti? Antonino Guarnaccia ha introdotto il concetto di “angoscia della morte”,  status che fa da cornice ad un contenuto: quello del crimine e del disagio. Sono stati esposti dunque numerosi casi di omicidio, nei quali sono stati analizzati i motivi dei crimini e i profili psichici dei carnefici. Illuminante a tal proposito, l’intervento di  Daniela Diano la quale, prendendo come fulcro del suo discorso un caso di violenza domestica e su minori, ha sviscerato le ragioni che hanno portato Narciso a distruggere l’esistenza non solo della moglie, ma in particolare dei figli. Si è infatti puntato molto sulla tematica dei minori, vittime di abusi che sarebbero potuti e possono essere evitati, se l’intervento sul nucleo famigliare e in special modo sui genitori diviene tempestivo profondo.

La tematica minorile è stata affrontata anche da Santina Cova la quale ha trattato il minore dal punto di vista del carnefice e come le decisioni prese da un giudice del Tribunale dei minori siano precedute da considerazioni preliminari in modo da garantirne “il benessere psichico, tutelare la sua crescita, quindi favorire una maturazione equilibrata e sana”.

Non solo, Francesca De Rinaldis, chiarisce come l’angoscia di morte sia alla base della coscienza dell’uomo. “Appare paradossale come una persona, nella propria o altrui morte possa esprimere il proprio modo di essere nel mondo”, afferma De Rinaldis. “Occuparsi dell’uomo nella sua interezza significa occuparsi anche dei suoi lati più oscuri”, perciò la ricerca e l’analisi assume ancor più il suo peso psichico e giudiziario.

Marina Baldi, invece ha preso la parola per discutere sulla Criminalistica, con particolare attenzione alle criticità di approccio alla scena del crimine e nel laboratorio di genetica. Esponendo alcune slide sui casi di omicidio, che hanno avuto grande rilievo nazionale, ha spiegato accuratamente come spesso le scene dei crimini vengono contaminate da disattenzioni che potrebbero sembrare irrilevanti, ma che in realtà porterebbero addirittura al capovolgersi delle situazioni.

Antonia Sergi ha descritto il trattamento penitenziario nell’ottica umanistico esistenziale, mentre Agostino Siviglia ha esposto la questione della funzione rieducativa nel contesto di criminalità: “la realtà del carcere riflette esattamente quella della società che sta ‘fuori’, il povero rimane povero e il mafioso continua ad esercitare il ruolo di mafioso” dichiara Siviglia “il carcere è categorizzato e questo causa una perdita della personalità, perciò è necessario conoscere e interagire con il criminale”.

A concludere il convegno Luca Barile, Luana Italiano, Alessandra Ripolo e Valentina Zappavigna laureandi e professionisti del settore psicologico che hanno esposto uno dei casi che più ha fatto discutere l’Italia, e non solo: l’omicidio di Avetrana. Il loro non è stato una vera e propria esposizione della vicenda, ma l’intervento si è soffermato sulle personalità, il vissuto e l’esistenza della famiglia Misseri.

Oggigiorno viviamo in un modo in cui la criminalità in genere sono diventati pane quotidiano e come tale è diventato “normalità”. Si tratta però di un pane di veleno che spezza le vite non solo delle vittime, ma anche dei carnefici.

Cristina Caminiti