di
Rossella Scherl
“Non sputare in cielo, che in faccia ti torna” lo diceva sempre mia nonna. L’aveva pure ricamato a punto croce e fatto incorniciare in un quadretto che teneva appeso sulla cappa del caminetto. Fatto sta, che io, a casa della nonna, non ci andavo spesso, abitava lontano, nel paese da cui papà era partito guaglione per andare a lavorare a Torino, nella fabbrica delle automobili.
Mia mamma, questo detto, non lo conosceva o almeno, non mi aveva messo in guardia e, nella sartoria dove mi aveva mandato a imparare un mestiere, la lingua mia cresceva insieme a quella delle compagne. Quando arrivava una cliente, la squadravamo da capo a piedi, per prendere le misure, capite a me, e quando la titolare se la portava nel camerino per le prove… ciù ciù, ciù ciù a voce bassa bassa. Prima che aveva scelto la stoffa, già tagliavamo e cucivamo.
Da prima dell’estate, mi sono fidanzata. Di nascosto però, perché non c’ho ancora diciotto anni e se papà lo sa, mi chiude in casa. Lui si chiama Pasquale, un giovane troppo bello, che profuma sempre e ha le mani delicate, così delicate che, se la prima volta che ha provato a infilarmene una nel reggipetto, gli ho dato un pacchero, leggero, la seconda volta… embè, non ce l’ho fatta.
Stamattina è entrata in sartoria una ragazza accompagnata dalla mamma. Le serve l’abito da sposa. Ampressa ampressa. Ce l’ha detto la padrona appena se ne sono andate. Si sposa a novembre. Gesù! a novembre? Ho pensato.
Linuccia, la specialista delle asole a mano, come la titolare è uscita per andare dal fornitore dove comprava la stoffa, ha cominciato: “Quando ci si sposa nel mese dei morti, non ci sono dubbi: la femmina è incinta. Se no, non si spiega”.
“A quelle le conosco.” ha detto Mena, mentre infilava un ago “Tutte casa e chiesa. Sempre con la puzza sotto al naso, soprattutto la mamma. Hai capito ‘a santarella. Vicenza ‘a lavannara, che abita al basso affianco al mio, va a casa loro due volte alla settimana. Dice che la signora, assieme alla figlia, mo’ critica a questa, mo’ critica a quella: chi è troppo cafona, chi è poco seria. Tiè! Ben ti sta”
“Non sputà in cielo, che in faccia ti torna” aggiunge Nunziatina.
Ognuna, a turno, ci metteva sopra un carico: “Era bello ‘o piezzo” “Si nun faceva accussì, chi s’a spusava” “Avete visto che tene pur ‘e baffi” “Eh! Comme ‘a mamma”. Ahahahahah!
Pure io ridevo, per far vedere. Ma non dicevo niente. Da qualche giorno tenevo il marijuolo in corpo. Ritardo di una settimana. Ieri sera l’ho detto a Pasquale. S’è fatto bianco bianco, ma forse era la luce dei lampioni, e mi ha detto: “ Piccerè, stai senza penzier. Quando torno si vede”.
“Perché dove vai?”
“C’ho un affare importante… A Roma… appena torno, mi faccio sentire” e invece di accompagnarmi con la macchina, mi ha lasciata alla fermata del tram.