di
Rossella Scherl
Chi sei tu per dirmi cosa devo o non devo fare della mia vita, vecchio. Sei arrivato una sera di inizio novembre, stanco, malato. Più che per sfuggire alla tempesta che stava montando a largo della costa, come hai tentato di darmi a bere, eri in cerca di un posto dove poter dimenticare te stesso e reinventarti. Dimenticare quello che non eri stato, per costruirti una nuova identità, con tanto di senso morale. Credibile, come i tuoi capelli bianchi.
Hai calpestato vite e alla fine della tua, pretendi di salvarne qualcuna. Con me non attacca, non sarò la tua buona azione da appuntare sul petto nel giorno del giudizio. Io non sono disponibile al cambiamento. Come uomo, resterò quello che sono diventato, fallimento dopo fallimento. Come artista, farò un falò dei sogni infantili, delle illusioni adolescenziali e non inviterò nessuno a vederli svanire in fumo. Per vivere la vita, ci vuole coraggio. Specie se la strada non è quella più battuta. La costante, nella mia: il tormento. Onde sempre più alte, che immaginavo di riuscire a cavalcare, mi hanno travolto, sbattendomi a riva così tante volte, che non ho più energia né alcuna voglia di riprovarci.
Non mi resta che fare il bagno, nudo, negli ultimi colori rimasti, dopo averli miscelati per renderli fluidi. Pennello umano, rotolerò su un foglio bianco steso lungo la discesa che dalla rocca porta alla piazza del paese. Ferito dalle pietre scabre che la lastricano, il mio corpo lascerà la traccia rosso vivo della sofferenza, il grido dell’uomo che non ha più niente da urlare. Qualcuno si fermerà lungo il ciglio della strada, chiedendosi perché nessuno intervenga per fermare la mia corsa. Guai a chi lo facesse. Lo investirei, trascinandolo con me in caduta rovinosa.
Vecchio, chi sei tu per dirmi cosa devo o non devo fare della mia vita? Ho ritratto ad una ad una le rughe del tuo viso, il vuoto lasciato nelle guance dai denti caduti, la trasparenza di uno sguardo pieno di ombre. Adesso basta, sono stanco almeno quanto te, nella metà dei tuoi anni. Trascino il passo che non vuole avanzare e il respiro rantola ad ogni nuovo pensiero. Il tempo dell’azione ha regole precise. Non ho mai voluto impararle. Mi lascerò andare alla deriva che non segue rotta e accada quel che deve accadere. La mia mano non è più in grado di dare forma al sogno.