Proviamo a metterci di fronte al nostro mare. Cosa vedete? Oh, si, le acque limpide, il sole che si specchia, le distese di sabbia, insomma un paesaggio da cartolina. Ma se smettiamo di utilizzare gli occhi e al loro posto poniamo la vista della mente, riusciamo a scorgere le Nereidi, ascoltiamo le urla di marinai Greci in cerca di terre, vediamo i Romani camminare sulle rive, le battaglie dei Saraceni e il passo metallico dei Normanni. Voltiamoci poi verso i monti. No, non ascoltiamo gli echi passati dei colpi di lupara, né la disperazione dei sequestrati, ma guardiamo le sue terrazze rocciose, intervallate dalla sua vegetazione ricca di odori, ripetiamo il suo antico nome, il più bello “Monte Bianco”, perché quel termine aspro deriva dal grecanico e significa appunto bianco. Gettiamo lo sguardo alle sue pendici e ascoltiamo le voci dell’ultima sua comunità di origine greca, bizantina se vogliamo. E ora addentriamoci nei paesi, si, ancora più dentro e camminiamo tra i borghi. Cosa vedete? Rovine? Abbandono e desolazione? È vero, ma c’è molto di più. I vicoli stretti delle tradizioni, i contadini chini sui campi, le canzoni popolari che corrono veloci tra gli usci delle casette in rovina. E poi i castelli, le chiese, le cattedrali. È un luogo sacro, per riprendere le parole di Giovanni Pascoli.
Eppure tutto questo è rimasto dimenticato per anni, troppi, soppiantato dalle cronache nere, la mafia, la corruzione e le ingiustizie. Ma oggi abbiamo la possibilità di riscattarci se seguiremo la via della Cultura.
Ieri sera presso il Teatro Greco-Romano è stata presentata la candidatura della Locride a Capitale della Cultura 2025, iniziativa proposta dal GAL Terre Locridee con l’intento di dare un volto nuovo a quel lembo di terra martoriato e dimenticato. Nonostante sia un progetto ambizioso, la candidatura dà la possibilità di una ricostruzione non solo fisica del luogo, ma anche dell’anima. È necessaria un’operazione sinergica da parte dei quarantadue comuni che ne fanno parte, da Africo a Monasterace, senza pensare ognuno al proprio interesse, ma operando in squadra per un obiettivo comune. L’intelligenza sta nell’abbattere le barriere dell’egoismo e dell’interesse personale, per mostrare che la Calabria, anzi la Locride è ben altro che mafia e statale 106. È un riscatto per i borghi e le associazioni culturali e anche per le aziende agricole, per gli albergatori, per la stessa gente che potrebbe dimostrare l’altro volto della Calabria, quello più sensibile e anche quello vero.
Dunque, senza scadere troppo nel sentimentalismo, è giunto il momento di smettere di guardare oltre confine ma volgere lo sguardo all’interno. La Locride è un unicum, è la Magna Grecia, è mare e montagna, è storia e uomo, è guerra e coraggio. Adesso però prendiamo atto del grande passato per ricordare chi siamo e tornare alla nostra Itaca interiore affrontando gli ostacoli e le prove che di certo si presenteranno davanti. Conosciamo fin troppo bene le problematiche della nostra terra, mancano strutture, mancano fondi o se ci sono vengono spesi male, ma chi ci dice che questa volta potrebbe essere diverso? È forse vietato sperare? Perciò non deludiamo e non deludiamoci ancora una volta fermandoci alle belle parole, ma a queste poniamo le azioni. Si è presentata una reale possibilità, non sprechiamola.
Cristina Caminiti