Nessun evento si cancellerà mai quando al mondo continuerà ad esistere qualcuno che possa raccontarlo. Il racconto è la memoria che da individuale si tramuta in collettiva e quando essa si tramanda di bocca in bocca, di mente in mente, nulla è inutile, tutto è vita.
L’incontro con Giovanni Petronio al Caffè Letterario Mario La Cava si è incentrato proprio su questa tematica universale, riportando alla luce uno dei momenti più tragici della storia italiana e calabrese per troppo tempo rimasto agli angoli bui del passato. I ragazzi della Fiumarella (Link edizioni) non è solo un’indagine storica, ma una lunga riflessione sull’umanità, con lo scopo di far vivere un ricordo anche dopo il dramma, accorciando la distanza tra vita e morte.
Il 23 dicembre 1961 la Calabria, in particolare il catanzarese, si ritrova ad affrontare la tragedia che coinvolgerà un’intera nazione: un treno deragliato, la caduta nel greto del torrente Fiumarella, settantuno vite distrutte. La maggior parte erano studenti di età compresa tra i dodici e i ventisette anni, che quella mattina si avviavano dai loro paesi interni verso le scuole del capoluogo.
Giovanni Petronio, classe 1985, non ha voluto lasciare incustodito il ricordo di quei ragazzi, ma ha dolcemente racchiuso le testimonianze di ogni famiglia, di madri e di padri straziati dal dolore, per racchiuderle tutte in una sola mente perpetrata attraverso la scrittura, unico mezzo che continuerà a vivere anche dopo la morte delle ultime generazioni legate a quell’evento.
Petronio dimostra non solo amore per il suo paese, Decollatura, che ha subito la maggior parte delle vittime, ma il suo amore si trasforma in qualcosa di più elevato nei confronti di ragazzi che, nonostante la loro tragica scomparsa, non hanno cessato di esistere e che devono tramutarsi in un costante presente nella mente dei posteri. L’obiettivo quindi diventa questo: così come i grandi drammi mondiali sono rievocati nelle generazioni, anche le vittime della Fiumarella devono inserirsi nel grande cerchio della storia, in quanto essi stessi sono storia.
Questa morte non termina nella disperazione, ma da essa si trae insegnamento, in quanto ognuno di noi è un contenitore di storia che attinge dal passato per ricordare nel futuro. La colpa più grande è l’indifferenza, poiché è essa stessa distruttrice della memoria di un popolo.
Cristina Caminiti